STORIA E STORIE di

 Siamo tutti oriundi

Giovedì 2 Aprile 2015
 Siamo stati un popolo di emigranti. Qualche decina di milioni di italiani si sono sparsi per il mondo in meno di cento anni. Molti milioni erano partiti dal Veneto e dal Friuli. Non c’è da meravigliarsi se scopriamo ogni giorno un oriundo, discendente di bisnonni o nonni italiani d’America o d’Australia o di un qualsiasi altro paese. E’ normale, sarebbe innaturale il contrario. Siamo andati dappertutto inseguendo speranza e lavoro, fuggendo da un’Italia povera e spesso ingrata. Abbiamo avuto fortuna e sfortuna, tanti sono morti prima di arrivare nella terra delle illusioni; moltissimi hanno contribuito a far crescere le nazioni che li hanno ospitati. Solo in Argentina ci sono decine di milioni di oriundi italiani e altrettanti negli Stati Uniti e in Brasile. La storia non si smentisce mai, si ripete con straordinaria precisione. Da terra di emigranti siamo diventati di recente terra di migranti, ma ci siamo dimenticati di come siamo stati trattati. Tendiamo a scordare facilmente. In questi giorni si parla degli oriundi del calcio, sicuramente più fortunati tra i migranti, certo tra quelli meglio pagati anche se per un lavoro che ha le caratteristiche del precariato, che può durare al massimo qualche anno, ma rende popolari. Nel calcio gli oriundi ci sono sempre stati. Ai tempi del fascismo e dei primi due titoli mondiali di calcio consecutivi senza gli oriundi forse non ci sarebbero state le vittorie. Allora non era difficile trovare oriundi, gli emigranti della prima generazione erano spesso ancora vivi e i loro figli in età di giocare a pallone. Qualcuno di loro era particolarmente bravo, qualcuno era già campione del mondo. La cosa più semplice era riportarli a casa e vestirli d’azzurro. Cosa che Vittorio Pozzo, il ct della Nazionale, fece in fretta e bene. Si servì tra Roma e Parigi di Monti, Orsi, DeMaria, Guarisi, Andreolo… E altri giocarono nel campionato diventando veri e propri idoli della tifoseria: da Libonatti a Cesarini a Sallustro. Nessuno si vergognava della definizione di “oriundo” che viene dal latino, trarre origine, e indica chi discende da antenati trasferiti dal paese d’origine. Il calcio italiano ne ha abusato tra gli Anni Cinquanta e Sessanta, poi con le brutte figure della Nazionale, soprattutto dopo la Corea ai mondiali inglesi del 1966, si è pensato di coprire i difetti del nostro pallone chiudendo le frontiere e rinnegando gli oriundi. Ce n’erano forse troppi e non soltanto sudamericani, anche sudafricani e australiani. Ma era il tempo dei talenti veri: Schiaffino, Ghiggia, Sivori, Altafini, Angelillo, Maschio, Montuori, Sormani, il “padovano” Rosa, Lojacono; giusto per citarne qualcuno. Nei primi album di figurine Panini sotto la foto c’era sempre la scritta “oriundo”. C’è una canzone di Paolo Conte: “L’uomo che è venuto da lontano/ ha la genialità di uno Schiaffino/ ma religiosamente tocca il pane/ e guarda le sue stelle uruguaiane…”. Si arrivò a riempire di oriundi la nazionale che perse il treno dei mondiali svedesi del 1958 (l’unica assenza dell’Italia) e quella naufragata malamente in Cile dove i sudamericani furono pestati a sangue dai cileni sotto gli occhi di un arbitro venduto. Erano anche tempi in cui riuscirono a trovare antenati italiani perfino a Alcide Ghiggia campione mondiale con l’Uruguay nel 1950, l’autore del gol che fece piangere il Brasile. Quella dei documenti falsi è una vecchia abitudine italiana. Ma gli altri avevano davvero avi italiani,spesso addirittura veneti, a incominciare dal grande Josè Altafini campione del mondo nel 1958 col Brasile. E sono venete le origini di oriundi più recenti, da Romulo allo stesso Eder. E’ oriundo il campione del mondo 2006 Camoranesi, argentino; sono oriundi Thiago Motta, Amauri, Paletta, Osvaldo, Schelotto… Si potrebbe fare una squadra nazionale di soli oriundi, sono coperti tutti i ruoli. Ha senso la polemica scatenata dall’impiego da parte di Conte di nuovi oriundi? E’ inutile e antistorica in una mondo globalizzato e alla ricerca delle proprie radici. Siamo tutti oriundi. La polemica serve soltanto a nascondere la crisi del calcio italiano dovuta alla mancanza di talenti per mancanza di denaro. Il calcio ricco muove campioni in Spagna, Inghilterra, Germania e Francia. L’Italia si adegua al risparmio,non ci sono soldi per ingaggiare i fuoriclasse e i migliori prodotti nazionali vengono venduti all’estero per fare cassa. In questo momento gli oriundi non soltanto sono utili, diventano una necessità. C’è una legge della Regione Veneto, la n.2 del 2003, che dispone azioni in favore degli emigrati veneti e dei loro discendenti fino alla terza generazione. Obiettivo: “garantire il mantenimento dell’identità veneta”. Chi meglio di un oriundo può garantire la “razza Piave” del pallone? Ultimo aggiornamento: 17:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA