STORIA E STORIE di

 Emma bambina down e il medico senza umanità

Domenica 2 Novembre 2014
Non si può fare il medico se si è smarrita l’umanità e funziona solo il ricettario. Un medico l’altro giorno a Padova ha detto a una mamma: “Ognuno ha la sua disgrazia, la sua è questa figlia Down”. Come dire: se la tenga e non venga qui a rompere che fuori c’è la fila di vecchietti che devono fare il vaccino per l’influenza. La donna tre volte alla settimana porta la figlia Emma per un controllo. Chiedeva un pass per disabili, che le spetta, proprio per agevolare le soste in centro città. Sa benissimo che la figlia è una Down e che si tratta di uno di quegli handicap che durano per tutta la vita. Anche se periodicamente lo Stato sottopone i portatori di questo handicap a visita di controllo per sapere se hanno ancora diritto all’assegno di invalidità. Come se si potesse guarire soltanto perché un magistrato cerca un falso invalido. Se accadesse ci si troverebbe davanti a un miracolo, come se a uno che ha perso la gamba ricrescesse l’arto. Certo oggi un down ha maggiori possibilità rispetto al passato di migliorare sotto tanti aspetti, va a scuola, in qualche caso è arrivato perfino all’università; recita in teatro, in tv e al cinema. E’ testimonial della pubblicità. E’ persino protagonista di reality nei quali fanno i camerieri, i cuochi, lavorano. Restano down e lo sanno. Quel medico mi ha fatto tornare indietro di più di cinquant’anni, quando davvero c’erano quasi paura e diffidenza verso i down e per molti la scelta era quasi scontata: un istituto. Eppure anche allora c’era chi lottava e amava come forse quel medico non saprà mai fare. Cinquantasette fa è nata Antonella, figlia di una maestra elementare che si accorse presto che quella bambina, la sua quinta figlia, non assomigliava a nessuna delle altre e anche il ritmo della crescita era un po’ anomalo e c’erano quegli occhi a mandorla. Quando la condusse dal pediatra, il medico appena la vide le si rivolse brutalmente: “Che cosa me l’ha portata a fare? Non si rende conto che questa è una mongoloide?”. E quasi cacciò la donna in malo modo. Abbassò la voce solo perché in sala d’attesa c’erano altre madri coi loro figli. Tra quel medico e quello di oggi non è cambiato niente! La donna decise di iniziare la sua battaglia personale per provare a garantire alla bambina una possibilità di crescita il più possibile vicina alla normalità. Iniziò a peregrinare da una città all’altra, da una regione all’altra. Per intendere meglio la malattia incominciò ad entrare in contatto con quella che oggi definiscono semplicemente “sindrome di down” e per decenni è stata chiamata brutalmente soltanto mongolismo. I bambini che son così si distinguono da lontano, non possono nascondere come sono. E la cattiveria degli adulti, più spesso l’ignoranza, colpisce perfino quando sembra carità: mongoletto, povero mongoletto. E diventa offensiva: zitto mongolo, va via mongolo. Qualche medico consigliò di mettere quella bambina in un istituto, ce ne sono tanti, una casa della provvidenza, un Cottolengo. Forse sono un po’ lontani ma chi può affermare che la lontananza non sia una medicina, in casi simili? La mamma rifiuta e riprende a cercare, conosce altre famiglie che vivono lo stesso problema. E’ sempre così, si diventa più sensibili quando si è toccati, allora si è anche disposti a fare i pionieri, a non arrenderti. La mamma di Antonella fu aiutata da un grande professore romano che aveva insegnato al Bo’ negli anni prima della guerra. Il professor Frontali era l’unico che seguisse i bambini affetti da sindrome di Down con metodi sperimentati negli Stati Uniti, non perché si potesse sperare in una guarigione ma per migliorare la qualità della vita. Quando Italo Calvino proprio in quegli va a fare lo scrutatore per le elezioni e lo assegnano al seggio aperto nel Cottolengo della sua città fornisce un racconto realistico e toccante nel libro “La giornata dello scrutatore”. Descrive la visita domenicale di un contadino al figlio che non parla, schiaccia le mandorle per quel figlio e quello apre la bocca come un bambino-pesce. E attorno mongoloidi di ogni età camminano guardandosi attorno. Scrive Calvino: “Il confine tra gli uomini del Cottolengo e i sani era incerto: cos’abbiamo noi più di loro? Arti un po’ meglio finiti, un po’ più di proporzione nell’aspetto, capacità di coordinare un po’ meglio le sensazioni in pensieri… poca cosa per la presunzione di costruire noi la nostra storia”. Oggi siamo diventati bravi almeno con le parole a mascherare ciò che non ci piace che non vogliamo ammettere. Le parole servono, ma non risolvono il problema. Al massimo con le parole offriamo rispetto. Certo è già tanto: oggi su un giornale o in tv nessuno si permetterebbe di scrivere “mongoloide”, è obbligatorio dire ragazzo down. Non ci sono handicappati, ma diversamente abili. Ci sono leggi, carte dei diritti. Dove gli uomini non arrivano da soli occorre aiutarli a capire, talvolta obbligarli a capire. Allora non c’erano queste leggi e nemmeno questa sensibilità. Quella madre fece tutto da sola perché voleva per la figlia un’educazione il più possibile simile a quella delle altre. Ha imparato a leggere e scrivere, anche a fare di conto, ma non il valore del denaro: per lei cinque monete da cento lire valevano più di una banconota da diecimila proprio perché cinque è più di uno. Ma ha imparato bene a tenersi ordinata, pulita, ad essere autonoma in tante cose, a usare l’astuzia dove fallisce l’intelletto. Da anni fa parte di una compagnia teatrale col ruolo di presentatrice e di attrice, partecipa alle conferenze stampa, rilascia interviste ad emittenti locali. Gli spettacoli sono spesso ispirati alle grandi opere liriche. Recita con una compagnia di ragazzi e ragazze tutti ragazzi diversamente abili. Oggi dopo la morte della madre, vive da sola con una badante. Ha conservato la pensione perché nessun medico e nessun magistrato è riuscito a dimostrare che è guarita. Come ha scritto Calvino: “L’umano arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non quelli che gli diamo”. E forse quel medico dovrebbe ricordarsene. Ultimo aggiornamento: 21:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA