Liste, scure di Renzi: caso esclusi nel Pd

Domenica 28 Gennaio 2018 di Mario Ajello
Renzi (ansa)

I sommersi e i salvati. Festeggiano questi ultimi, naturalmente. Gli altri no. Claudio De Vincenti era finito sorprendentemente fuori lista. Ripescato però nella notte. Andrà a Sassuolo, seggio rifiutato da Cuperlo. Che ora resta fuori. L'esponente della minoranza aveva declinato l'offerta del seggio nella città della ceramica: «Nessuno ha avvertito me - spiegava - né i compagni di là». A farsi paracadutare così, insomma, non ci stava. E Renzi, nella notte, ha trovato la soluzione per De Vincenti: «Ci correrrà il ministro, allora. Umanamente, in generale, mi dispiace per chi rimane fuori, per questo è stato molto faticoso. Ma detto ciò, chi ha i voti ce la fa». Per ora, nella guerra dei nomi al Nazareno, c'è stato il sacrificio tre gruppi: i gentiloniani (spicca l'esclusione di Realacci), i fassiniani (via la Sereni), i minnitiani (Andrea Manciulli e Enzo Amendola).

Poi ovviamente gli orlandiani. I quali torneranno a casa a decine e decine, per esempio gente di grande esperienza come Daniele Marantelli, ex Ds radicatissimo in Lombardia. Lui mantiene l'aplomb da ex ragazzo comunista, mentre un libertario come il senatore Sergio Lo Giudice osserva: «Non è che basta dissentire per finire con la testa tagliata. Eppure...». E Andrea Martella: «Hanno colpito me, per colpire Orlando».

Più che con Renzi molti di loro, specialmente i senatori, sono infuriati con il proprio capo corrente: «Orlando ha fatto una manfrina. Ha finto di litigare con Renzi e invece era d'accordo». Chissà. Sta di fatto che guardando chi ha vinto e chi ha perso, di sicuro ha vinto la Margherita. E hanno perso i Ds. Dunque la baby gang di Matteo con matita e gomma da cancellare tra gli artigli, secondo l'immagine degli epurati, ha fatto cambiare pelle al partito.

Ci sono vittime tra gli ex montiani. Come lo scrittore-imprenditore Edoardo Nesi. O come Irene Tinagli, economista, subissata di telefonate dolenti: «A te, ma proprio a te doveva capitare...». Arrivano tanti messaggi di condoglianze e non tutti rispondono in maniera olimpica, ma così: «Spero che il Pd il 4 marzo prenda una legnata pazzesca!». E quando vedono le dichiarazioni del capo corrente - «Brutte liste, ma andiamo avanti. C'è la campagna elettorale» - ad alcuni orlandiani viene addirittura da sacramentare.

FATTORE BUONASCUOLA
Il sottosegretario Rughetti, tendenza Delrio, paga appunto la sua vicinanza al ministro emiliano. Sembrava abbastanza sicuro di entrare in lista e invece sconta il fatto che è stato in questi anni, per conto di Delrio, il latore di obiezioni e dissensi rispetto alla condotta renziana. Ma fuori anche renziani come Francesca Puglisi, responsabile scuola ma la BuonaScuola non porta voti.

Niente Manconi, e la raccolta di firme per la sua candidatura ha infastidito il segretario.

La propria esclusione il siciliano Lumia la commenta così: «Un suicidio per il Pd». Ci sono quelli che non fanno polemiche o fingono di non farle («È un diritto del partito non candidarmi») ma i più ragionano così: «Renzi vuole solo yesman che, al momento di fare le larghe intese con Berlusconi, gli dicono sì padrone». La fassinista Sereni si dice comunque serena. Nicola Latorre sta tranquillo, continuerà a insegnare all'università e ha tante cose da fare. Ma, senatore, era stato avvertito dell'esclusione? «No, ed evidentemente ognuno ha il suo stile». Il neo-stile dem, dal punto di vista politico, non ha più nulla della sinistra fusion conosciuta finora.

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