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Ma il Mondiale è un’altra cosa. L'Italia può sempre sorprendere

Venerdì 7 Marzo 2014
Nazionale in ritardo, di condizione, di mentalità, di gioco. L’allarme suonato in Spagna, sottolineato dallo stesso Prandelli e non solo, fa temere non poco per il Mondiale brasiliano. Ma è davvero così? C’è da fasciarsi la testa?   L’esperienza insegna che quando siamo partiti da favoriti siamo stati bastonati e viceversa. Soprattutto gli ultimi due Mondiali vinti invitano a un’estrema prudenza. Nel 1982 l’avventura spagnola dell’Italia di Bearzot cominciò tra gli insulti alla partenza da Fiumicino e proseguì con il silenzio stampa, nel 2006 l’antipasto del mondiale tedesco fu caratterizzato dall’ennesima puntata di calciopoli e dalle relative tensioni. In entrambi i casi tornammo con la Coppa del Mondo tra le mani. La realtà, in un torneo in cui ti giochi tutto in un mese, è un’altra: per approdare in finale devi indovinare 6 partite, anzi puoi anche sbagliarne una nel girone eliminatorio, addirittura può bastare vincerne soltanto una. Essenziale è portare giocatori in forma, alternare con intelligenza le presenze in campo (più che mai nel torrido Brasile), cementare il gruppo. E avere un po’ di fortuna: in Germania fu decisivo il rigore di Totti al 95' con l’Australia, ma anche le performance di Grosso, Materazzi, Toni, Del Piero, Cannavaro, in Spagna "esplose" Pablito, a Italia ’90 Schillaci, a Mexico ’70 un Bonimba che non doveva esserci... E in Brasile? Azzardiamo due nomi, oltre all'imperscrutabile Balotelli: Cerci e Immobile (sempre che Prandelli li porti). Ci sono giocatori che di fronte all’occasione della vita si esaltano e danno il 110 per cento.   Ecco, l’Italia da sempre ha mille anime e mille vite, genio e sregolatezza, attenzione a darla per spacciata, e non solo nel calcio. Ultimo aggiornamento: 12:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA