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Il dopo Conte: in gioco la "sopravvivenza" dell'Italia

Venerdì 25 Marzo 2016
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L’addio di Antonio Conte alla Nazionale non sorprende. Un addio annunciato. «Mi era stato chiesto di fare chiarezza perchè si potesse programmare il dopo, mi sembra di aver fatto una cosa corretta», ha spiegato il ct. Ma nello stesso tempo, da serio professionista, Conte all’Europeo darà l’anima per l’Italia, anche per chiudere in bellezza: «In Francia saremo squadra, daremo tutto e vedrete che qualcosa succederà».

Resta il problema del dopo. Sarà una scelta fondamentale come mai in passato. L’Italia deve scalare le posizioni del ranking Fifa, rischia - come in altri settori del Paese - di restare indietro, di vedersi sopravanzare dalle nazioni emergenti. Ed il nuovo arrivato dovrà innanzitutto riprogrammare in fretta e furia il Mondiale 2018 in Russia.

Le ragioni dell’addio di Conte non sono banali: «Mi sento poco utilizzato in virtù delle promesse che mi erano state fatte, come disponibilità e possibilità di lavoro, cosa che alla fine non è avvenuta». In sintesi: «Avrei fatto fatica a stare altri due anni in garage, dove senti il profumo della gomme, dei motori, ma non quello dell’erba e del campo». Conte, in particolare, non ha gradito l’ostilità dei club e della Lega, indisponibili a riconoscere il valore aggiunto della Nazionale, tanto da opporsi agli stage a lui tanto cari.

Problemi che si ritroverà anche il nuovo selezionatore della Nazionale. E la panchina azzurra scotta al punto che le defezioni preventive sono già arrivate: Donadoni, Capello e Ranieri si sono sfilati. E così Tavecchio sta allargando la rosa: da Mancini a Mazzarri, da Ventura a Tardelli, da Cannavaro a Di Biagio. E chi più ne ha, più ne metta. E perchè no uno straniero, si dice da più parti. Ad apparire sbagliato è l’approccio: prima è bene definire programma e obiettivi e su queste basi individuare poi l’identikit del nuovo ct. Il primo punto è quello di ricostruire quel "vivaio" che ha fatto le fortune dell’Italia calcistica. Non servono piani decennali. Serve una rivoluzione, come ha fatto la Germania che, conscia degli insuccessi, è ripartita da zero, scardinando l’esistente e mettendo in campo idee nuove e progetti concreti. Fino a vincere il Mondiale, proprio grazie alle nuove leve. Ultimo aggiornamento: 14:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA