A GAMBA TESA di

C’era una volta il Brasile

Lunedì 14 Luglio 2014
La prima volta di un’europea in sudamerica. Ma il paradosso è che la Germania ha vinto da "brasiliana" ed il Brasile ha perso da "europea", se non "all’italiana". La forza del Brasile è sempre stata un mix di classe, allegria, spensieratezza, fiducia. Ma in campo abbiamo visto una squadra priva di talenti, frenata, condizionata e, soprattutto, triste.   Non è solo questione della pressione per un Mondiale in casa che poteva solo essere vinto, anche per vendicare il "Maracanazo" del ’50. No, questo Brasile ha tradito la propria indole e la propria storia. Non è la prima sconfitta che brucia, e nemmeno l’umiliazione di prendere 7 gol. È mancata innanzitutto quell’allegria che ha sempre spinto i verdeoro a giocare per vincere, senza troppi calcoli e tatticismi. Come al Mundial spagnolo, nel 1982, quando a Zico e compagni sarebbe bastato un pareggio per far fuori l’Italia. Invece giocarono a viso aperto, cercando di divertirsi, con l’obiettivo di vincere. Insomma, calcio-champagne, anche se poi arrivò la sconfitta. Questo è l’unico modo in cui il Brasile sa giocare e per questo è la patria del calcio.   Non ultimo, il Brasile "europeo" è anche frutto di un "inquinamento" di mentalità portato dai molti giocatori che militano in squadre del vecchio continente. Non sarà facile rivedere un Brasile "vero" e poetico. Di contro la Germania ha offerto spettacolo e concretezza. Sembra quasi essersi ispirata al Brasile, ma in salsa teutonica, sfoderando prestazioni solide ma non certo noiose, con giocatori convinti dei propri mezzi, disciplinati e nello stesso tempo capaci di divertirsi e divertire. Certo, una nazionale che arriva da lontano, da un progetto che parte dai giovani, su cui si è investito molto, dall’apertura ad apporti multietnici, da idee nuove e lontane dalla rigida mentalità tedesca.   Meditate, gente, meditate. Ultimo aggiornamento: 13:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA