PADOVA - Una nuova sfida, sempre all’insegna della beneficenza. Daniele Matterazzo, 32 anni di Legnaro, impiegato in una ditta che produce manufatti in lamiera, da tre anni a questa parte organizza cammini e contestualmente apre raccolte fondi su piattaforme dedicate, fondi che poi dona in beneficenza. Tra un paio di giorni, venerdì, partirà per la Lapponia dove affronterà 450 chilometri lungo i quali incontrerà solo cinque villaggi. E raccoglierà denaro per l’associazione NoisyVision Onlus, organizzazione che sostiene le persone con limitazioni visive e uditive.
L’incidente
Era il 2005 quando la vita di Daniele cambiò. «Sono andato dritto a un incrocio, un’auto mi ha centrato in pieno - racconta - Non ho grandi ricordi dell’incidente. Sono arrivato in ospedale in condizioni critiche. Il braccio sinistro era attaccato alla spalla solo per un lembo di pelle, i medici hanno fatto i miracoli ma ne ho perso l’uso. Da lì è iniziato il mio calvario, non stavo bene con me stesso». Era un adolescente, un’età già particolare di suo. E non è stato facile convivere con quel braccio. «Non mettevo mai maglie a maniche corte, mi vergognavo. Sono stati davvero anni bui». Poi, una sera, durante il lockdown, l’epifania. Daniele ha visto “Il cammino per Santiago” di Emilio Estevez. «Mi ha aperto un mondo, ho capito che quella era la mia strada. Non riuscivo più a dormire la notte, era un pensiero martellante. Così sono partito per Santiago».
Santiago de Compostela
È partito da solo dopo aver svolto diverse ricerche per prepararsi. Un toccasana, finalmente. «Mi ha davvero cambiato la vita, è stato il regalo più bello che mi potessi fare - prosegue - I titolari dell’azienda dove lavoro sono stati comprensivi quando ho spiegato cosa sarei andato a fare, mi hanno permesso di prendere qualche giorno di ferie in più. Lì non mi conosceva nessuno quindi per la prima volta dopo anni ho indossato una maglietta a maniche corte, per affrontare meglio il caldo. Era estate, ho usato il periodo di ferie per andare. Dato che non avrei incontrato conoscenti mi sono sentito libero di mostrare il braccio». Per lui non è stato solo un modo per togliersi di dosso il timore di mostrarsi. Il cammino di Santiago è stata la dimostrazione che da solo poteva farcela. «Facevo anche 40-50 chilometri al giorno. Sono partito da solo perché non volevo regole, per me è stata questa la migliore terapia. Se sei da solo devi contare solo su te stesso. Per me è stato un modo per conoscermi, capirmi».
Le escursioni
Non è finita qui. Perché l’anno dopo Daniele ha deciso di mettere a servizio della comunità la sua rinascita. L’anno scorso ha percorso i mille chilometri della via Francigena, dal Gran San Bernardo a Roma, aprendo una raccolta fondi online. «Ho raccolto tremila euro e li ho donati alla Pediatria di Padova - spiega - Ho capito che potevo fare del bene, che non devo nascondermi. Mi ha dato una grande carica, sono anche diventato guida escursionistica». Il cammino che affronterà tra poco sarà più complicato. Sul percorso lungo il Kungsleden non c’è rete telefonica, non ci sono centri abitati a parte cinque villaggi dislocati sui 450 chilometri. «Una sfida - sorride Daniele - Porterò un navigatore satellitare per le richieste di soccorso e cibo liofilizzato. Mi sono preparato leggendo molto e acquistando l’attrezzatura necessaria, di certo non sono cammini da affrontare a cuor leggero. Però non ho paura. Conosco i rischi e so che possono esserci degli intoppi ma li affronterò. So che posso farlo».
E allora buon viaggio.