Treviso com'era. Nella mia pescheria tra amici, risate e "museto che peta"

Martedì 26 Dicembre 2023, 10:09 - Ultimo aggiornamento: 27 Dicembre, 10:45

La nascita dell'osteria

Questa era la pescheria prima che irrompesse Bruno Tambarotto verso la fine del 1968, occupando un locale anonimo per adattarlo ad osteria col motto "fatti amico l'oste e berrai il vino migliore", col suo sorriso burbero e sagace ad un ritmo di qualità nel preparare un signor banco col "museto che peta", nervetti e polpette gustose, patate lesse con aglio e prezzenolo, un taglio di porchetta col giusto grasso, sgombri e capperi, mortadella tagliata spessa al coltello, frittate sempre diverse per bontà. Il ripiano del bancone era occupato dai primi vini friulani col ramandolo da favola, il moscato rosa, lo schioppettino soltanto per pochi amici, un superbo merlot.

Per la mia laurea mi offrì una bottiglia di picolit e ne bevemmo di più. Sapeva di calcio, tifoso di Juve e Treviso, e il rugby lo assaporava attraverso le nostre bravate, faceva sgobbare sodo la moglie, e mi confidò di aver acquistato una villetta a Carbonera col lavoro della "sua" osteria. S'ammalò, affrontò con spirito parlando della malattia con voce nasale, e lavorò ancora di più.

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