Pieve di Soligo. Massacrò in casa un anziano: chiesto l'ergastolo per il killer di Adriano Armelin

Martedì 20 Febbraio 2024 di Giuliano Pavan
Mohamed Boumarouan, il 36enne marocchino accusato dell'omicidio dell'83enne Adriano Armelin

PIEVE DI SOLIGO (TREVISO) - «La vittima è stata colpita 29 volte, il movente è quello di recuperare denaro per comprare cocaina, e non c’è stato alcun tentativo di chiamare dei soccorsi: Mohamed Boumarouan merita l’ergastolo con isolamento diurno per la durata di due mesi». È la richiesta di condanna formulata ieri mattina dal pubblico ministero Giulio Caprarola nei confronti del 36enne marocchino finito davanti alla corte d’assise del tribunale di Treviso per rispondere dell’omicidio (e della tentata rapina, ndr) di Adriano Armelin, il pensionato 83enne di Pieve di Soligo trovato senza vita dal figlio nell’ingresso della sua abitazione di via Schiratti il 25 marzo 2022.

Quantificazione della pena che, per il pm, tiene conto anche del comportamento processuale dell’imputato e della confessione, circostanze che però «devono essere considerate minus valenti rispetto alle contestate aggravanti nell’ottica della concessione delle attenuanti generiche». Già, perché il pubblico ministero, nella ricostruzione del delitto, ha sottolineato alcuni punti per spingere i due giudici togati e i sei popolari a infliggere al 36enne una pena esemplare. 


LA DISCUSSIONE
Al di là delle prove indiscutibili (la confessione, le macchie di sangue su jeans e scarpe dell’imputato, il dna presente sul soprammobile in vetro usato per colpire Armelin e le immagini delle telecamere che inquadrano il 36enne vicino alla casa della vittima, ndr), il pm ha evidenziato che Boumarouan è rimasto nella casa di via Schiratti per 45 minuti, ha infierito sul pensionato che non aveva ferite da difesa «denotando una sproporzione dell’attività lesiva», dopo l’omicidio oltre a non aver chiamato i soccorsi ha scritto alla moglie e alla madre scusandosi con loro e dicendo di aver commesso un grosso errore («Vi voglio bene, prendetevi cura dei miei figli», ndr) ed è tornato nell’abitazione per cercare di procurarsi denaro o cercare oggetti di valore per potersi comprare sostanze stupefacenti. Non ultimo il fatto che il 36enne è stato trovato positivo sia all’alcol (con un tasso alcolemico di 1,05 g/l) che alla cocaina. Per la difesa, invece, rappresentata dall’avvocato Filippo Viggiano, il quadro è diverso. L’arringa del legale di Boumarouan ha puntato, in primis, a riqualificare il fatto in omicidio preterintenzionale. Ovvero sostenendo che la morte di Armelin sia stata il tragico epilogo di una colluttazione. «Non volevo uccidere» ha sempre ripetuto Boumarouan, ma per la Procura era consapevole di quello che faceva, soprattutto dopo aver sbattuto la testa di Armelin sia a terra che contro il muro. L’udienza è stata rinviata per repliche al prossimo 22 marzo, giorno in cui verrà pronunciata la sentenza. 


IL PROFILO 
A giocare contro Boumarouan c’è anche il suo profilo, tracciato nel corso delle precedenti udienze. Disoccupato e privo di mezzi di sostentamento, il 36enne risulta irregolare in Italia e alle spalle ha diversi precedenti di polizia, anche se risalenti nel tempo: tra i 15 e i 19 anni era stato arrestato e denunciato in più occasioni per rapina, furto aggravato e danneggiamenti. Secondo la Procura, come detto, il marocchino quel pomeriggio si era intrufolato in casa dell’anziano con l’intenzione di procurarsi soldi facili. I rumori però hanno insospettito Armelin che era sceso al piano inferiore (in calzini, senza le pantofole) e lo aveva sorpreso all’ingresso. A quel punto è nata la discussione sfociata nel brutale pestaggio. Il killer è poi scappato lasciando l’anziano a terra, agonizzante, forse già senza vita. Salvo poi tornare per frugare nei cassetti. All’arrivo del figlio della vittima, Andrea, si era dato a una rocambolesca fuga sui tetti, cadendo nel cortile di un vicino che lo aveva poi fatto arrestare dai carabinieri di Vittorio Veneto. Boumarouan, dopo la confessione e le scuse, aveva tentato anche la strada della giustizia riparativa, che però è stata bocciata dal presidente della corte d’assise Umberto Donà. Per il giudice «l’imputato non ha manifestato nessun segnale concreto di pentimento».

Ultimo aggiornamento: 16:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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