VENEZIA - Oggi sono vent’anni senza Attilio Manca. «Un omicidio di mafia», ha concluso la commissione parlamentare d’inchiesta, al termine di una relazione che in 136 pagine restituisce dignità alla memoria del giovane urologo, fatto passare fra «considerevoli opacità» per un tossicodipendente suicida con un’overdose, quando invece numerose e concordi testimonianze dei collaboratori di giustizia hanno collegato la sua morte a una sola colpa: aver scoperto la rete di protezione “eccellente” attorno a un suo paziente, che gli era stato presentato sotto falso nome come un malato di cancro alla prostata, ma che in realtà si chiamava Bernardo Provenzano, boss di Cosa Nostra all’epoca latitante. La sua figura è stata omaggiata ieri a San Donà di Piave, città in cui il medico era nato nel 1969, quando la sua famiglia viveva a Caorle poiché papà Gino insegnava a Portogruaro e mamma Angela a San Stino di Livenza: «La sede di questa commemorazione è stata una scelta altamente simbolica, perché qui i miei genitori hanno vissuto gli anni più felici della loro vita», ha confidato il fratello Gianluca, ufficiale giudiziario in Corte d’Appello a Venezia, rilanciando la richiesta alla Dda di Roma di «riaprire le indagini» per identificare i responsabili del delitto avvenuto l’11 febbraio 2004 a Viterbo.
Come evidenziato durante il convegno dalla deputata Stefania Ascari e dagli ex colleghi Piera Aiello e Luca Paolini, componenti della scorsa legislatura, la bicamerale Antimafia ha ritenuto che «l’associazione mafiosa che ne ha preso parte (non è chiaro se nel ruolo di mandante o organizzatrice o esecutrice) sia da individuarsi in quella facente capo alla famiglia di Barcellona Pozzo di Gotto», città della Sicilia da cui la famiglia Manca era emigrata in Veneto ed era poi tornata a vivere.
IL POTERE
Ha osservato don Luigi Ciotti, presidente di Libera: «La logica mafiosa non è solo delle organizzazioni criminali, ma anche del potere quando si nasconde dietro alle manipolazioni e alle menzogne. Attilio non era un drogato: è stato ucciso, chiaro?». Stefano Ferraro, oggi consigliere comunale di San Donà, era un suo amico d’infanzia: «Lui era nato il 16 febbraio, io il 20, giocavamo sempre insieme. Vorrei ricordarlo com’era da vivo, con la sua risata contagiosa. Istituiremo qui una delegazione dell’associazione “Amici di Attilio Manca”, per continuare a sensibilizzare il territorio».