Jobs Act, Consulta: i dubbi sull'ammissibilità. Mercoledì il giudizio

Lunedì 9 Gennaio 2017 di Valentina Errante
Jobs Act, Consulta: i dubbi sull'ammissibilità. Mercoledì il giudizio

ROMA La partita tra la squadra di Giuliano Amato, pronta a bocciare un referendum manipolativo, e quella di Silvana Sciarra, la relatrice che vorrebbe dichiarare ammissibile la consultazione popolare sull'abolizione del Jobs Act, si gioca sul filo.

L'AGO DELLA BILANCIA
E se i dubbi crescono tra i quattordici giudici costituzionali, chiamati dopodomani a una decisione che cambierebbe lo scenario politico del Paese, di fatto, la vaga propensione per l'inammissibilità potrebbe essere ribaltata all'ultimo momento e la differenza, alla fine, potrebbe determinarla proprio il voto del presidente Paolo Grossi, come è avvenuto nell'aprile 2015, quando la Corte, a sorpresa, bocciò il prelievo governativo sulle pensioni, con il voto doppio dell'allora presidente Alessandro Criscuolo. La battaglia, allora, fu vinta dalla docente di Diritto del Lavoro allieva di Gino Giugni che, anche in quel caso, vestiva il ruolo di relatore e vedeva Amato sul fronte opposto. Per gli altri due quesiti referendari, quello relativo a voucher e l'altro sugli appalti, proposti dalla Cgil, l'ammissibilità sembra scontata, ma è sull'articolo 18 che si gioca la partita più importante.

QUESITO MANIPOLATIVO
Per l'avvocatura dello Stato, che si è costituita in giudizio in extremis per conto del governo, il quesito referendario non si limita ad abrogare una legge. Il fatto che estenda il diritto alle tutele e al reintegro anche alle aziende con meno di quindici dipendenti, circostanza non contemplata neppure dallo Statuto dei lavoratori del 70, rappresenterebbe un elemento manipolativo e dunque propositivo. Per questo il referendum sarebbe inammissibile: non punterebbe ad abrogare la legge del governo Renzi ma, di fatto, conterrebbe una modifica legislativa di competenza del parlamento.

ESTENSIONE DEI DIRITTI
Chi invece sostiene l'ammissibilità del referendum sostiene l'omogeneità e l'unitarietà del quesito. La questione di fatto, riguarderebbe l'estensione di una garanzia reale già vigente per quanti siano stati assunti prima del 2013, abrogando una disparità tra i cittadini. Una tesi supportata da un'altra sentenza della Consulta emessa, sulla stessa materia, nel 2003. In quell'occasione fu ammesso un quesito referendario che estendeva la garanzia reale (il risarcimento e il reintegro per licenziamento illegittimo) a tutti i lavoratori, anche quando fossero stati gli unici dipendenti di un'azienda. Il referendum poi non raggiunse il quorum. Ma il precedente è importante. La sentenza del 2003 si chiudeva rilevando che la domanda rivolta agli elettori si presentava «omogenea» e aveva «una matrice razionalmente unitaria assicurata dall'obiettivo comune di estendere l'ambito di operatività reale in settori nei quali attualmente non opera» e proponeva «al corpo elettorale un'alternativa netta».

ELEZIONI ANTICIPATE
La decisione della Consulta cambierebbe radicalmente lo scenario politico: se il referendum sul Jobs Act fosse dichiarato ammissibile, gli elettori sarebbero chiamati alle urne tra il 15 aprile e il 15 giugno. E l'ex governo Renzi rischierebbe una nuova bocciatura del proprio operato. Il solo modo per evitare la consultazione sarebbe quello di anticipare le elezioni politiche, con lo slittamento di un anno del voto referendario. L'ex presidente del Consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi, finora, è l'unico ad essersi dichiarato chiaramente favorevole alle elezioni anticipate. Il timore di una bocciatura popolare sul Jobs Act potrebbe essere una ulteriore spinta nella direzione voluta dall'ex premier e assicurare elezioni a primavera inoltrata.

LA LEGGE ELETTORALE
Ma la pronuncia sul Jobs Act non è l'unica ad agitare la maggioranza di governo. È attesa un'altra decisione che, di certo, avrà influenze sullo scenario politico. Il prossimo 24 gennaio è attesa la sentenza della Consulta su alcuni ricorsi contro l'Italicum. Dal turno di ballottaggio e l'opzione del candidato capolista eletto in più collegi, al quesito del Tribunale di Genova, che sottopone alla Corte questioni relative all'assegnazione del premio di maggioranza al primo turno, poi una questione concernente il meccanismo del recupero proporzionale dei voti nella Regione Trentino-Alto Adige. La bocciatura sembra quasi scontata, ma la sentenza della Corte potrebbe dare al Parlamento indicazioni preziose per garantire la coerenza dei sistemi elettorali di Camera e Senato, e quindi la governabilità. Come è già accaduto nel 2014, quando la Consulta ha bocciato il Porcellum. Del resto un'indicazione in questa direzione è arrivata anche da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Ultimo aggiornamento: 10 Gennaio, 10:46