Renzi: solo un mese per vedere se le Camere possono funzionare o se non resta che il voto

Lunedì 9 Gennaio 2017 di Marco Conti
Renzi: solo un mese per vedere se le Camere possono funzionare o se non resta che il voto
ROMA Un mese da Cincinnato, tra Pontassieve e largo del Nazareno. Un mese in attesa di ciò che deciderà la Consulta - sul Jobs Act come sulla legge elettorale - e utile per lasciare spazio al governo Gentiloni. Un mese per mostrare al Paese quanta poca volontà ci sia nel Parlamento di metter mano rapidamente ad uno dei requisiti fondanti di ogni sistema democratico: la legge elettorale. Domani Matteo Renzi rientra a Roma e andrà dritto al partito. Non una parola sulla legge elettorale, non un sospiro sulla possibilità di andare al voto anticipato entro la primavera.

LA FACCIA
Per lasciare più spazio possibile ai teorici delle «riforme costituzionali in sei mesi» (D'Alema) e della «legge elettorale in quindici giorni» (Salvini), l'ex premier adotterà la tattica del silenzio. Un fate voi che non significa sottrarsi ai doveri di leader delle forza politica più importante nel Parlamento e nel Paese, ma che non nasconde la voglia di non metterci la faccia. D'altra parte l'analisi dell'ex premier, post 4 dicembre, è nota e va a sbattere con i teorici della governabilità ad ogni costo e di coloro che hanno come priorità la fine della legislatura. Per Renzi l'esito del referendum ha chiuso la legislatura e il Paese avrebbe bisogno subito di un governo forte in grado di rilanciare una sfida riformista che abbia al centro il problema dell'occupazione e della crescita. In sostanza una ricetta alternativa a quella della decrescita felice e della povertà proposta agli altri dal leader del M5S. L'attuale fase di decantazione, iniziata con l'avvio del governo Gentiloni, per Renzi deve essere quindi la più breve possibile proprio per evitare il dilagare delle forze populiste, M5S in testa, che dalla paralisi del sistema e di molti leader e partiti, continuano a trarre vantaggio. La paresi del sistema però continua e per Renzi lo scontro in questo momento non sarebbe produttivo visto che comunque occorre attendere il 24 gennaio, data nella quale la Consulta dovrebbe pronunciarsi sull'Italicum. Più utile quindi occuparsi di partito, convocando probabilmente la segreteria già in settimana, in modo da avviare la stagione dei congressi territoriali e preparare il Pd alle urne di quest'anno o del prossimo.

A Gentiloni il compito di governare. Domani, prima di volare a Parigi, il premier incontrerà i capigruppo del Pd Zanda e Rosato per discutere di come incastrare l'agenda parlamentare con quella del governo.

LA NAVETTA
Non si discuterà di legge elettorale che sarà lasciata all'iniziativa dei due vicesegretari del Pd Guerini e Serracchiani, ma di banche, delle possibili correzioni al Jobs Act nella parte dei voucher e di come organizzare la navetta tra Camera e Senato dei provvedimenti in attesa che maturino novità sulla legge elettorale. Prima di Natale è stato Silvio Berlusconi a rassicurare il presidente del Consiglio sulla disponibilità di FI a votare il decreto banche a palazzo Madama. L'idea di istituire una commissione d'inchiesta su Mps e la richiesta azzurra di modificare anche la legge sulle banche popolari, rischia però di complicare il percorso. Malgrado la voglia di far proseguire la legislatura pervada tutti i parlamentari, M5S compresi, l'aria da campagna elettorale comincia a respirarsi e rischia di rendere complicare la strada dell'esecutivo Gentiloni che non intende tirare a campare, ma governare.
Al Senato il governo deve fare a meno anche dei voti di Ala. I verdiniani sono infatti rimasti fuori dall'esecutivo. Anche se non promettono vendette, non si considerano più una stampella della maggioranza e meditano qualche scherzetto che metta in imbarazzo FI e la sua scarsa voglia di andare ad elezioni a primavera.