Raggi, il calo della fiducia elettori M5S: più astenuti

Venerdì 23 Dicembre 2016 di Mario Ajello
Raggi, il calo della fiducia elettori M5S: più astenuti
1
ROMA Chi si sta politicamente avvantaggiando per la crisi che riguarda la giunta grillina di Roma? Nessuno. Né la destra, che è stata rappresentata da Giorgia Meloni alle ultime elezioni comunali, e neppure il Pd che deve ancora riprendersi da Marino e dal dopo Marino e ancora non è riuscito a ricostruire il partito e a offrire una proposta. Dal maggio scorso ad oggi - come si legge nel nuovo sondaggio Swg dedicato alla situazione della Capitale - la fiducia dei cittadini nel sindaco Raggi è diminuita di un terzo. Era al 43 per cento e si è abbassata al 29 per cento. Mentre soltanto il 20 per cento dei romani promuove l’operato del governo cittadino. Ma nessun partito dell’opposizione guadagna dal calo della fiducia nella Raggi. Mentre la vera quota rilevante dei delusi dall’attuale sindaco è quella che si sta indirizzando verso il non voto. 

L’ANALISI
Spiega Enzo Risso, direttore scientifico di Swg: «Il 15 per cento di quelli che votarono Raggi ora sono andati sull’astensione. In più, c’è un 10 per cento di astenuti probabili che oggi si dicono indecisi. Quindi il 25 per cento di chi diede la vittoria alla Raggi sta oggi nell’oblio». La prossima volta si potrebbe ricreare insomma il caso Marino. Nel senso che alle elezioni in cui vinse il Marziano, una larga quota di romani non si recarono alle urne in quella tornata. Poi la percentuale dei votanti, sull’onda della protesta, di Mafia Capitale, dei disastri del Pd e di tutto il resto, è risalita quando si è trattato di scegliere la Raggi. Ma la prossima volta - a causa della disillusione provocata da quella che doveva essere la nuova politica - si potrebbe riverificare il crollo della partecipazione. 
Intanto, la crisi M5S a Roma sta producendo quel blocco di voti in uscita che attende qualcuno che li catturi e al momento questo qualcuno non c’è. In una situazione che pure sarebbe favorevolissima agli avversari se fossero all’altezza della situazione. Incalza Risso: «Se si andasse ora ad elezioni, la Raggi non arriverebbe al ballottaggio. Oggi il 40 per cento di quelli che la votarono al primo turno dicono che non la rivolterebbero. Il che significa che passerebbe dal 31 per cento, che ottenne, al 19 per cento che otterrebbe. Quindi starebbe sotto la Meloni. Però è molto importante notare che il 60 per cento di chi l’ha votata non è affatto contro di lei. Anzi, ne giustifica le incertezze e gli errori considerando la sua inesperienza».

C’è un dato che è collegato a questo discorso. Ed è il seguente: in caso di avviso di garanzia al sindaco, il 53 per cento dei romani sarebbe a favore delle dimissioni della Raggi. Che anche la metà dei grillini ritengono utili o doverose: il 51 per cento degli elettori M5S sarebbero, nel caso, per le dimissioni. A riprova che quell’elettorato è in ansia per ciò che sta accadendo. «Però - osserva Risso - se dovesse cadere la giunta, buona parte dei grillini è pronta a scaricare la responsabilità del fallimento sulla Raggi e non sul movimento che ha soltanto, secondo loro, sbagliato nella scelta di candidare Virginia». 

LE BURRASCHE
Secondo il 39 per cento dei romani, l’arresto di Raffaele Marra - preceduto dalle altre burrasche di natura giudiziaria e da tutti i problemi nella scelta della squadra capitolina - dimostra che i 5 stelle «non hanno personale in grado di amministrare». Per il 20 per cento dei cittadini, la vicenda del braccio destro del sindaco rappresenta la conferma che M5S è un «movimento giovane e ingenuo». Il 19 per cento ritiene che questa storia sia prova che il modo di fare dei grillini è uguale a quello degli altri partiti. Il 15 per cento è convinto che il “Marra gate” non dimostri nulla di eccezionale e che sia soltanto un caso isolato.

LA NARRAZIONE
Di fatto, la vicenda romana incide negativamente su uno dei pilastri della narrazione pentastellata a cui si deve molto del loro successo: quella secondo cui M5S sarebbe stato capace di governare in modo nuovo, trasparente e onesto. Perde punti questa idea e cresce la quota di quelli che dicono che in fondo i 5 stelle sono come gli altri. «Comunque - puntualizza il direttore scientifico di Swg - esiste sempre un ampio zoccolo duro che continua a riconoscersi nel movimento grillino. Ed è quello dei ceti medio-bassi. Il discorso nazionale, dove i pentastellati perdono punti ma non tracollano, vale anche per Roma. Al di là degli errori e delle crisi della giunta, M5S ha cementato, e lo abbiamo visto su larga scala anche nel referendum, un blocco sociale degli strati più disagiati e sembra riuscirlo a tenere al proprio fianco. Almeno finché ci sarà la crisi economica, la difficoltà delle banche, e la mancanza di partiti con proposte forti e un’idea dell’Italia». 
E dunque, la crisi dell’amministrazione della Capitale è profonda, ma la mancanza al momento di un’alternativa percepibile rende il quadro ancora molto incerto. 
 
Ultimo aggiornamento: 08:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA