Pierina, partigiana a 11 anni: «Quando mi fermavano facevo finta di piangere. Quella volta che vidi un morto e le Ss che sghignazzavano»

La donna è ospite della casa di riposo di Mestre. I suoi racconti di quei terribili mesi di guerra

Lunedì 6 Maggio 2024 di Filomena Spolaor
Pierina Filipetto

MESTRE - Succede che davanti al dono di un bòcolo di rosa, una donna si emozioni e inizi a raccontare di mitra spianati e lacrime, ricordi quando era una piccola spia partigiana. La signora Pierina Filipetto, nata a Gaiarine in provincia di Treviso il 29 giugno del 1933, è un'ospite dell'Antica Scuola dei Battuti dal 2019.

In occasione della festa della Liberazione, che a Venezia coincide con quella di San Marco, gli educatori della casa di riposo hanno invitato gli anziani a narrare le proprie storie. E, tra i racconti più emozionanti uditi dai nonni, c'è stato quello di Pierina che ha toccato anche il direttore dell'Antica Scuola Dario Schiavon, che ha chiesto al fratello Luigi di trascrivere la sua testimonianza.


I ricordi riaffiorano nei primi mesi del 1945, quando gli Alleati si stavano avvicinando

Pierina custodiva i racconti di chi andava di notte a vedere i paracaduti degli alleati, che scendevano dal cielo sui prati illuminati a giorno. Non se ne poteva più di vivere di paura, di terrore, di morti ammazzati. Dai monti del Cansiglio i partigiani cominciavano a scendere in pianura. «Nostro fratello Onelio arrivava a casa di notte rammentano Pierina e Luigi - per cambiarsi e farsi una dormita su un letto. Al mattino spariva e mentre si lavava, poggiava il mitra sul davanzale».

Pierina aveva undici anni, quinta di otto fratelli, tutti maschi

Fino alle ore tarde di sera controllava i movimenti della strada, nascosta dietro la siepe dell'orto. Passavano i camion dei tedeschi, i camerati delle ronde. Se si fermavano davanti a casa, correva di sopra a svegliare i fratelli che saltavano giù dalla finestra e sparivano tra i campi. Fuori dal paese di Gaiarine c'era una zona boscosa. Là si nascondevano i partigiani scesi dai monti e vicino viveva la famiglia Lot, dove lasciavano messaggi a voce.


Il Comitato di Liberazione aveva affidato a Pierina l'incarico di recarsi dai Lot e poi riferire. «Succedeva che per strada si trovasse davanti un mitra spianato ricorda il fratello Luigi - e che le venisse chiesto dove andava o da dove veniva».

In questi casi era pronta a scoppiare a piangere e dire fra le lacrime che si recava dai Lot per prendere un po' di farina. I lacrimoni erano la sua tattica abituale

«Più tardi Pierina sposerà uno dei figli Lot, di nome Alessio». Il racconto prosegue con l'episodio di una sparatoria, dove Pierina da dietro la siepe vede un morto, un'ombra scappare e passare un camion di SS con soldati che sghignazzavano. Poi quello del massacro, quando assiste alla fucilazione di sei partigiani fra cui era giunta voce ci fosse il fratello Onelio. Sua madre mise in mano a Pierina il secchiello del latte e le disse di fingere di andare alla batteria. Anche quel giorno Pierina si trovò il mitra spianato davanti. Scoppiò a piangere, non vide Onelio.
La testimonianza si conclude con Luigi, che sulla strada vede un cavallo trainare una cassa da morto sul carro. «Pochi giorni dopo, il 25 aprile, un ragazzo in bicicletta e in canottiera, stringendo in mano la bandiera italiana, gridava che eravamo liberi. Era finita».

Ultimo aggiornamento: 7 Maggio, 11:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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