Volpago del Montello. Ida, titolare dell'azienda agricola Agnoletti, il carattere del vino: «A parte la vendemmia, faccio tutto io. Persino le etichette»

Martedì 27 Febbraio 2024 di Paolo Colombo
Ida Agnoletti (foto di Renato Vettorato)

VOLPAGO DEL MONTELLO (TREVISO) - Amore per la libertà e per la sua terra. Con una grande sogno: competere con i più grandi Merlot del mondo. Tanto da aver dato ad uno dei suoi tre cani il nome di "Pétrus", come quello del celebre château del Bordeaux, vero monumento dell'enologia mondiale (parliamo di vini da oltre 5.000 euro a bottiglia, per capirci). Una sfida all'apparenza impossibile, che solo un carattere forte e deciso (e anche con un pizzico di follia) può avere in mente di affrontare. Lanciata dal Montello da una donna che, nella di sfide ne ha affrontate davvero tante. Alcune vinte, altre no. Ma tornando sempre in piedi ad affrontare la vita a viso aperto. Lei è Ida Agnoletti (nella foto di Renato Vettorato), classe 1965, titolare, proprietaria unica, enologa dell'azienda agricola che porta il suo nome. «A parte la vendemmia, dove mi aiutano alcuni collaboratori, faccio tutto io.

Persino le etichette».

Ida Agnoletti, foto di Renato Vettorato
 
 

IL PERSONAGGIO
Ida abita, insieme alla madre, di 100 anni, nel grande podere di famiglia a Selva del Montello. A 11 anni la prima folgorazione: «Era il 4 dicembre 1976, lo ricordo bene perché era il giorno del mio compleanno, rimasi affascinata da una rivista di cucina vista in edicola, tanto da voler a tutti costi abbonarmi. Avrei voluto anche fare l'alberghiero e poi corsi di alta cucina. Purtroppo, si tenevano solo in città lontanissime, a Parigi o a Losanna, e costavano parecchi milioni delle vecchie lire, così ho lasciato perdere. Ma sono tuttora una grande appassionata della cucina internazionale. Amo tutto ciò che è buono». Ida si diploma nel 1985 alla scuola di enologica Cerletti di Conegliano «ma solo per caso, l'ho scelta perché all'epoca era la scuola meno inflazionata. L'unico desiderio che avevo era solo di non finir dietro una scrivania. Piuttosto mi sarebbe piaciuto fare architettura» e subito dopo si propone come enologa alla Cantina Montelliana. «Questa è stata la mia prima sfida, contro un mondo del vino estremamente maschilista. Tanto che, dopo essere stata rifiutata al primo colloquio, proprio perché donna, ho lavorato per un po' in un laboratorio di antiquariato. Pensavo di aver chiuso col mondo del vino, ma poi sono stata richiamata dalla cantina, dove per otto anni ho fatto un po' di tutto, analisi, tagli, imbottigliamento, vendite. Un po' quello che sto facendo anche adesso». Nel '94 apre una società, ma il progetto non funziona e chiude definitivamente nel 2000. «Quando parlavo, mi sono accorta che nessuno mi ascoltava. Ancora una volta perché donna. Alla fine mi sono stancata e ho deciso di mettermi in proprio. Ho avuto un anche un momento di vero panico. Mi ha aiutato mia madre, dandomi una botta sulla spalla dicendo "ma và, che te ghe a fà!". Da qui è iniziata la mia storia, fondando nel 2000 la mia cantina».


IL PROGETTO
Oggi Ida coltiva sette ettari di vignetoblend merlot-cabernet sauvignon soprattutto, ma anche incrocio Manzoni e glera produce 6-700 ettolitri di vino l'anno e ha in catalogo una decina di etichette, sei rossi principalmente Merlot e Cabernet Sauvignon, due bianchi (Prosecco Tranquillo e incrocio Manzoni 6.0.13), e due frizzanti, un Prosecco Asolo Docg ed una versione fermentata sui lieviti, tutte dai nomi fantasiosi: "La Ida", "Selva n. 55", "Seneca", "Vita", "Love is", "Psl Always". Ha anche dato un buon contributo alla riscoperta della Recantina, vitigno autoctono a bacca nera, quasi estinto all'inizio del Novecento e recuperato solo negli ultimi anni, che ha ripianato come vigneto sperimentale due anni fa.


IL TOCCO
Vini forti e di carattere, dunque, proprio come lei. «Sì, molte guide scrivono proprio così: che i vini sono un riflesso del mio carattere. Sono orgogliosa, certo, perché non è da tutti trasmettere il proprio io al vino ma non credo sia del tutto vero. Penso piuttosto che nascano già di carattere per conto loro, il mio lavoro è piuttosto far emergere il territorio Montelliano. Questa è la mia forza».
Coraggio ma anche originalità e anticonformismo contro un mondo del vino che molte, troppe volte strizza l'occhio alle blandizie del mercato piuttosto che esaltare la territorialità. «Detesto le morbidezze e soprattutto quel gusto internazionale speziato. Il vino deve marcare il territorio, bisogna saperne tirar fuori l'anima, prediligendo eleganza ed equilibrio». E con questo pensiero Ida si sta preparando a lanciare a testa alta la sua sfida: «Farò un nuovo Merlot, completamente affinato in tonneaux, che uscirà solo nelle migliori annate. Voglio capire dove può arrivare questo territorio in un confronto alla cieca con i migliori merlot del mondo». Chapeau.

Ultimo aggiornamento: 10:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci