TREVISO - Fra tre settimane non avranno più una casa, dopo 24 anni passati in un alloggio popolare del Biscione di viale Francia, nel quartiere di San Paolo. Rita e Paolo, 66 anni lei e 69 lui, hanno ricevuto lo sfratto esecutivo dall'appartamento Ater. E stavolta l'ufficiale giudiziario è stato perentorio: il 4 maggio dovranno abbandonare la casa per morosità. «Siamo disperati. Nessuno ci ascolta né ci dà una mano. Fra venti giorni ci ritroveremo per strada - racconta la coppia, che mercoledì scorso è riuscita a ottenere l'ultima proroga per lo sfratto - il problema non è tanto l'affitto, che sfiora i 200 euro al mese, ma le spese condominiali: arriviamo a 7mila euro all'anno per appartamenti costruiti cinquant'anni fa, in cui la dispersione di calore è altissima e gli impianti di luce e acqua sono inefficienti».
IL PROBLEMA
Che le tariffe condominiali, in cui sono compresi i costi per l'acqua calda e l'impianto termico fossero alte Rita Taffarello e Paolo Chiaramonte lo avevano notato subito. Avevano ottenuto l'alloggio nel lontano 1999, quando all'improvviso, per una serie di vicissitudini, si erano trovati in difficoltà economiche. Rita, ex impiegata assicurativa, era stata costretta ad abbandonare il lavoro per gravi problemi di salute. Paolo invece, militare in congedo, prestava servizio nell'Aeronautica. Avevano case di proprietà, poi la fortuna ha voltato loro le spalle. E i recenti rincari dell'energia hanno assestato la mazzata finale alle casse familiari. «Nel 2018 avevamo firmato un accordo con Ater per l'estinzione del debito pregresso - spiega Chiaramonte - però non riuscivamo a coprire le quote mensili e a un certo punto abbiamo sospeso il pagamento anche perché la controparte non ci dava nessuna garanzia di mantenimento della casa».
«Non sappiamo dove andare» dicono sconsolati: la loro unica figlia, che ha seguito le orme paterne arruolandosi nell'esercito, è in missione all'estero e il resto della rete familiare dei due anziani si è sfilacciata nel tempo. Alloggiare in albergo ha costi proibitivi, per non parlare delle spese di noleggio di un deposito in cui accatastare i mobili in attesa di una nuova sistemazione. La coppia ha partecipato al nuovo bando di edilizia residenziale pubblica aperto a gennaio dal Comune, ma per l'esito delle graduatorie bisognerà attendere ancora parecchi mesi. E intanto incombe lo sfratto. «Questa situazione ci ha tolto il sonno. Abbiamo sempre dimostrato la nostra buona volontà pagando quello che potevamo. Non abbiamo mai fatto i furbi eppure adesso veniamo sfrattati come se fossimo dei delinquenti» sbotta Rita. Poi l'appello accorato: «Chiediamo soltanto la possibilità di rientrare nel nostro appartamento e di risolvere questa situazione kafkiana».
LA REPLICA
Mauro Dal Zilio, presidente dell'Ater, rassicura: «Ci sono vari sfratti in corso e nessuno resta per strada. Quando ci sono le esecuzioni ci muoviamo sempre con i Comuni, pronti a trovare soluzioni per chi non ha una rete familiare a disposizione. Ma lo sfratto, per noi, arriva solo per situazioni estremamente critiche come affitti e spese condominiali non pagate per anni. Non entro nei casi specifici, ma ci sono persone che hanno fino a 50mila euro di debiti e non possiamo ignorare queste situazioni: se uno non paga le spese di condominio poi lo devono fare gli altri inquilini. E non è corretto. Siamo sempre pronti a concordare piani di rientro, ma spesso non vengono pagati nemmeno questi. Ma, ripeto, nessuno resta per strada. Una soluzione la si trova sempre».