L'avvocato Murgia tra reali e vip: «Vi racconto il principe Vittorio Emanuele»

Domenica 28 Gennaio 2024 di Elena Filini
L'avvocato trevigiano Francesco Murgia

TREVISO - Sul tavolo gli auguri di Emanuele Filiberto e Clotilde Courau. «Qui le bambine erano ancora piccole» dice col tono del vecchio amico di famiglia. Francesco Murgia non è stato solo per quattro anni l’avvocato difensore del principe Vittorio Emanuele. E’ l’uomo che lo ha tirato fuori dai guai nel momento peggiore della sua parabola giudiziaria, l’uomo che ha messo in fila le carte e lo ha sottratto a una serie di condanne. Oltre sessanta i capi d’accusa, dall’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al gioco d’azzardo, allo sfruttamento della prostituzione. «Il principe era innocente. E lo sapevano tutti.

Anche il suo accusatore, Henry John Woodcock». 


SULLA SCENA 

Il Savoiagate, Vallettopoli: il recente documentario Netflix firmato da Beatrice Borromeo («Ci sono anche io, ma il lavoro conserva comunque alcune pesanti inesattezze») porta di nuovo alla ribalta gli anni in cui il Principe Vittorio Emanuele fu al centro delle cronache giudiziarie. Anni che per Murgia sono coincisi con l’ingresso nella dolcevita milanese dalla porta principale. Quella, per intendersi, di Lele Mora. 
«Un uomo colto e simpaticissimo. Una persona che ho sempre apprezzato, anche per il suo senso delle pubbliche relazioni». La Milano degli imprenditori e dei banchieri, dei politici e della tv. «Il mio primo rapporto con i Savoia avviene attraverso Clotilde Courau. Tramite l’avvocato Calvetti vengo chiamato per curare alcuni aspetti di contrattualistica legati al suo lavoro. E’ il 2004». Il processo al Principe inizierà due anni più tardi.
«La difesa di Vittorio Emanuele era seguita da una task force formata da Giulia Buongiorno e Franco Coppi. Io ero stato chiamato per aspetti che riguardavano la sua immagine. Improvvisamente l’Italia gli stava voltando le spalle, l’opinione pubblica aveva già emesso il suo verdetto. Lui- con una battuta- ripeteva: evidentemente ho iniziato a puzzare». Il penalista trevigiano viene chiamato ad occuparsi dell’immagine del Principe imputato, ma tra i due nasce una reciproca empatia che lo porterà a diventare il suo difensore nel processo principale. «Era necessario filtrare le relazioni di Vittorio Emanuele e c’era una sola persona capace di farlo ai massimi livelli: Lele Mora». 


DA MILANO A ROMA 

Il Principe e Mora erano amici da qualche tempo, e inevitabilmente alle cene alla maison del pr arriva anche Murgia. «Ricordo questo appartamento su due piani in viale Monza. Al piano di sotto viveva la servitù e c’erano stanze per gli ospiti. Di sopra un grande salone con sala da pranzo. Sarò stato ospite da lui una cinquantina di volte». Mora sapeva selezionare: alle cene col Principe imprenditori, qualche politico, un certo tipo di giornalismo. «Ricordo Cesara Buonamici, era in ottimi rapporti con la principessa Marina Doria». C’erano anche altre serate, evidentemente. «Oltre la casa di Mora, c’era un compendio di miniappartamenti in cui vivevano diverse soubrette e veline». E Corona? I bene informati lo ricordano come la vera debolezza di Lele Mora. «Credo che Lele gli volesse davvero bene, ma nella sua profonda intelligenza aveva perfettamente inquadrato Corona. Ricordo che un giorno eravamo da Dolce&Gabbana, Mora va alla cassa per saldare il conto dei suoi abiti e lo informano che Corona era passato a vestirsi e aveva lasciato una fattura da 35 mila euro. Mora, che era un signore, pagò senza battere ciglio. Credo abbia sofferto molto a causa sua». Milano, Roma, l’isola di Cavallo. Parigi, Gstaad. Difendere un Principe anche da una shitstorm di dimensioni imponenti, implica un impegno totale. A Parigi i Principi lo ospitavano all’Hotel de Crillon, e la festa per l’assoluzione fu fatta a Gstaad. «C’erano teste coronate da mezza Europa, e poi i Rothschild».
Ma il principe, esuberante e molto empatico, non è affatto snob. «E’ un uomo che ama la vita, ama il divertimento, sta benissimo in un’osteria come al ricevimento dell’ambasciata americana». Una volta, accompagnando Vittorio Emanuele in televisione per un’intervista con Maurizio Belpietro, incappano in Elisabetta Gregoraci. «Ho un ricordo splendido di lei- fa Murgia- una ragazza integra. Non era ancora la signora Briatore, finì anche lei in un troncone d’indagine su Vallettopoli, il suo interrogatorio fu veramente al limite del disgusto. E non aveva commesso nessun illecito». Murgia si anima parlando di Francesca Lodo. «Una ragazza bellissima e dolcissima, era nella scuderia di Mora come Alessia Fabiani». Ma le serate più belle per Murgia sono state quelle sulle terrazze romane. «Milano è una città veloce, di affari. Il vero potere, quello gentilizio è a Roma. E io mi perdevo alle cene dai Colonna e dalle altre grandi famiglie romane. Facevo notte ad ascoltarli». 
Pazzie? «Qualcuna. Come una volta in cui tornai con il Principe dalla Svizzera, avevamo fatto una roadmap di locali. Poi arrivammo a casa, ci prepararono la fonduta, il suo piatto preferito, bevemmo un ottimo kirsch e credo mi addormentai sul divano vestito». Vita spericolata. «Mora ci mise anche il suo aereo a disposizione per alcune urgenze legali su Roma». Il luogo più bello? «Senza dubbio l’isola di Cavallo con quella casa aggrappata alla roccia». Luogo di piacere e dannazione, frequentato da Vittorio Emanuele ma anche da Dodi Al-Fayed e Lady D nella sua ultima tragica estate. Cosa resta di quegli anni? «Un ricordo pieno di affetto. Da repubblicano e laico dico: ho conosciuto un uomo straordinario, credo sia stata una delle grandi fortune della mia vita». 

Ultimo aggiornamento: 21:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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