Da Oxford a Padova, il rientro di Millan: «Il Bo ha fatto di tutto per permettermi di tornare, così sono diventato professore associato»

Sabato 17 Febbraio 2024 di Nicola Munaro
Da Oxford a Padova, il rientro di Millan

PADOVA - Il bis è del 23 novembre. Quel giorno una mail della Commissione europea comunicava a Matteo Millan di aver ottenuto il finanziamento Erc Consolidator Grant 2023 da 2 milioni di euro per il suo progetto di ricerca sulla storia del possesso di armi in Europa. Ed è la seconda volta che il professor Millan, 41 anni, padovano di Campodoro, maturità classica al Marchesi, docente associato di Storia contemporanea al Dipartimento di scienze storiche geografiche e dell'antichità, viene premiato dalla Commissione europea: nel 2015 Millan all'epoca tra le università di Oxford e Dublino aveva ottenuto 1,5 milioni di euro per una prima ricerca.

Una doppietta quasi impensabile (su due partecipazioni ai bandi) che fanno del professore associato l'unico docente del Bo di area umanistica e uno dei pochi in Italia in Storia ad aver ottenuto due fondi simili: 3,5 milioni di euro che Millan investirà a Padova, con un team di ricercatori che sceglierà e guiderà. E sì che dopo la maturità classica la strada intrapresa era un'altra: «Mi ero iscritto a Scienze dei materiali».

Professore, una storia che quindi parte da lontano...
«Alle spalle ho una laurea triennale, una magistrale e un dottorato a Padova in Storia. Ottenuta quella mi sono fermato per un anno: ho fatto altri lavori e nel frattempo ho vinto un finanziamento Marie Curie cofound per fare due anni di ricerca a Oxford dove ho messo a punto alcune ipotesi che verranno dimostrare nel mio Erc del 2015 sulla circolazione delle armi nel periodo della Belle Epoque. Finita l'esperienza di Oxford, nel giugno 2015 ho vinto una borsa per l'Università di Dublino che iniziava a ottobre 2015. È il periodo nel quale ho fatto la domanda per l'Erc Starting Grant: è stata scritta senza pretese. Eppure è arrivato il finanziamento».

Nonostante questo sembrava che per lei una cattedra al Bo fosse un miraggio...
«Mentre ero a Dublino sono cambiate le regole per le chiamate dirette dei vincitori dei progetti europei. Mi sono così trovato in una fase di passaggio e il Miur aveva deciso che potevo rientrare, ma la procedura si era complicata. Devo dire che il Dipartimento e l'ateneo di Padova hanno fatto di tutto per farmi rientrare e chiamarmi come professore associato».

Quando è tornato?
«Nel giugno 2016. È stato un anno importante: l'allora rettore Rosario Rizzuto aveva anche citato il mio caso durante l'apertura di quell'anno accademico. Era stato lui a volere che l'ateneo puntasse sull'internazionalizzazione e fosse attrattivo all'estero».

A ottobre 2016 Renzi al Bo chiamò lei e altri ricercatori tornati o arrivati a Padova, sul palco dell'aula magna...
«Durante la giornata di presentazione del progetto di internazionalizzazione, ma senza l'Erc del 2015 che mi dava la possibilità di scegliere dove investire i fondi, non sarei tornato a Padova tanto presto».

La situazione ora è cambiata?
«I miei erano anni diversi da quelli di ora dove ci sono moltissimi concorsi, anche per via del Pnrr e di un turnover che ha stappato l'imbuto, destinato a tapparsi comunque di nuovo. Il vero problema è che l'università italiana ha pochi stranieri che scelgono di lavorarci. Il tentativo del Bo era anche quello di attrarre. Il problema sono i sottofinanziamenti e la rigidità burocratica».

Oltre alle lezioni, che sta facendo?
«Ho scritto due libri e uno ne sto scrivendo sul tema dell'Erc 2015».

I suoi studi sono finiti al centro di romanzi di successo, giusto?
«Sì, in "M. Il figlio del secolo" di Antonio Scurati (Premio Strega nel 2019, ndr). Da lui sono poi stato citato in un'intervista sul Sole 24 Ore dove sono stato avvicinato a mostri sacri della storia del fascismo come Gentile e Renzo De Felice. C'è stato anche un incontro al Bo, in aula magna, il giorno stesso dell'inizio del Covid».

Perché studiare quegli anni?
«Tutta la storiografia dice che in un modo o nell'altro la Prima guerra mondiale crea il paramilitarismo e tutta la violenza degli anni dopo. Volevo andare a vedere se prima ci fossero dei movimenti simili e capire se la guerra era stata la cassa di amplificazione o meno. Volevo confutare il fatto che tutti i gruppi nascono perché lo stato è debole. Noi abbiamo dimostrato che questi gruppi nascono perché c'è più libertà anche con le leggi».

Serve ancora la storia?
«Non credo che la storia insegni qualcosa ma riflettere sulla storia permette di complicare il presente, nel senso che dà una visione molto più complessa del presente».

Due libri, un terzo in uscita e due Erc: progetti futuri?
«Per adesso sì, ci fermiamo qui. È una faticaccia preparare la domanda ed è in parte stranissimo, ho avuto la fortuna/bravura di fare domanda due volte e vincerlo due volte. C'è da lavorarci sopra adesso». 

Ultimo aggiornamento: 12:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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