Galan e il commercialista prestanome: quei 5,2 milioni di euro svaniti nel nulla e che la Regione non rivedrà mai più

Venerdì 25 Febbraio 2022 di Angela Pederiva
Giancarlo Galan

Al termine di un processo durato un lustro, la sentenza è stata pubblicata ieri. Per la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Veneto, il commercialista Paolo Venuti fu il prestanome dell'ex ministro Giancarlo Galan nella compravendita delle azioni di Adria Infrastrutture. Ma la beffa è che proprio cinque anni fa è stato deliberato l'azzeramento del capitale sociale della Spa per perdite, di conseguenza la Regione non potrà recuperare il valore del pacchetto azionario, malgrado avanzi dal suo ex presidente 5,2 milioni per il danno all'immagine patito con lo scandalo Mose.

LA CACCIA

Al patteggiamento in sede penale, era seguita la condanna sul piano contabile.

Da allora la Procura regionale ha avviato la caccia al tesoro di Galan. Più presunto che reale, a giudicare dai pochi beni aggrediti finora: l'assegno di fine mandato alla Camera, il vitalizio da ex consigliere regionale, un terzo della casa di famiglia a Padova, il bosco di Rovolon, le quote della società Margherita. Ma tant'è, a questi potevano aggiungersi le 700 azioni di Adria Infrastrutture, società che per l'allora amministratrice delegata Claudia Minutillo avrebbe dovuto spingere i project financing veneti. Secondo la ricostruzione del viceprocuratore generale Alberto Mingarelli, le quote formalmente acquistate fra il 2007 e il 2008 dalla Pvp Srl (poi Piscopia 10 Srl) e rivendute nel 2013 alla Mantovani Spa, sarebbero state in realtà possedute da Galan, il quale si sarebbe servito dello schermo societario offerto dal professionista padovano, «al fine di evitare il proprio personale coinvolgimento e, contemporaneamente, sostituire con denaro liquido -ben più facilmente occultabile- un bene patrimoniale aggredibile dai potenziali creditori erariali». Un'operazione da 350.000 euro per Pvp-Piscopia 10, di cui Venuti è socio al 30%, per cui l'arricchimento per Galan sarebbe stato di 105.000 euro.

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L'ATTENDIBILITÀ

Per la Corte (presidente Carlo Greco, consigliere Innocenza Zaffina, relatore Daniela Alberghini), c'è «adeguata prova della esistenza dell'accordo simulatorio intercorso» tra Galan, Venuti e Piergiorgio Baita, all'epoca amministratore di Adria Infrastrutture e vicepresidente di Mantovani. Al riguardo viene rilevata «la sostanziale convergenza e sovrapponibilità», in termini di «attendibilità», delle dichiarazioni rese a suo tempo dallo stesso Baita e dalla socia in affari Minutillo, per la quale «uno dei metodi per corrompere pubblici ufficiali, e in particolare politici come Giancarlo Galan, era quello di intestare a prestanomi dei politici di riferimento quote di società che avrebbero poi guadagnato ingenti somme dalla realizzazione dei project financing».

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LA REVOCATORIA

Pertanto i giudici hanno accertato la simulazione degli atti di acquisto e di cessione delle azioni. Non è stata invece accolta l'azione revocatoria proposta dalla Procura, che chiedeva di dichiarare l'inefficacia della vendita da Pvp-Piscopia 10 a Mantovani, in modo da ricondurre la proprietà delle quote a Galan e quindi poterle utilizzare per risarcire la Regione. Il 10 marzo 2017, cioè un mese e un giorno dopo la prima udienza, nel corso di un'assemblea straordinaria è stato azzerato il capitale sociale di Adria Infrastrutture, attualmente in liquidazione, per cui «è venuto meno il bene oggetto dell'atto di disposizione di cui si chiede la dichiarazione di inefficacia». Dunque la Corte ritiene che l'azione giudiziaria «non consentirebbe in ogni caso al creditore erariale alcuna azione di recupero in sede esecutiva sul bene». La sentenza di primo grado potrà essere impugnata in Appello.

Ultimo aggiornamento: 18:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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