Fruttivendolo e terrorista, espulso cittadino egiziano a Roma: esaltava jihad e attacchi suicidi in nome dell'Islam

Ibrahim Fetouh Moustafa Matar dal negozio di Colleferro cercava proseliti. Il rimpatrio, deciso da un anno, fermato dal Tar: decisivo l'intervento di Piantedosi

Sabato 30 Dicembre 2023 di Alessia Marani
Fruttivendolo e terrorista, espulso cittadino egiziano a Roma: esaltava jihad e attacchi suicidi in nome dell'Islam

Pericoloso per la sicurezza dello Stato, eppure libero per via di un ricorso al Tar. Solamente giovedì sera e su esecuzione di un provvedimento di espulsione adottato direttamente dal ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, Ibrahim Fetouh Moustafa Matar, 31enne egiziano, già arrestato lo scorso anno dai carabinieri del Ros insieme al fratello maggiore Hathem ancora in carcere per terrorismo, è stato rimandato in patria. Il trentunenne propagandava lo stato islamico, esaltando il jihad e gli attentati suicidi quali strumenti per stabilire la supremazia dell'Islam.

ENCICLOPEDIA DEGLI ESPLOSIVI

La Digos, in sinergia con i colleghi di Modena, la Direzione Centrale Polizia di Prevenzione e la Direzione Centrale e l'Ufficio dell'Immigrazione, l'altra sera lo ha rintracciato proprio nella cittadina emiliana.

Non si era fatto trovare nella casa di Valmontone, dove viveva ospite della cognata. L'arresto dei fratelli Matar avvenne nel giugno del 2022. Dal loro negozio di frutta e verdura di Colleferro si preoccupavano anche di fare proselitismo per l'Islam violento collegato all'organizzazione terroristica denominata "Stato Islamico". Il più grande, il 38enne Hathem, era in Italia dal 2003. In suo possesso furono rinvenute decine di video con istruzioni tecniche per attentati, tra cui "l'enciclopedia degli esplosivi" o la "distruzione della Croce", con "corsi" finalizzati all'uso di pistole e armi convenzionali e non, di gas velenosi, detonatori e sostanze incendiarie, il tutto - come si leggeva nel capo di imputazione - «per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali». «Se Dio vuole andremo a combattere con lo Stato Islamico», «O vita con onore o morte che irrita i nemici», scriveva nella pagina denominata «Casa mediatica di guerra Roma».

Da alcuni anni i militari erano sulle tracce dei fratelli Matar, presunti terroritsi, ne monitoravano i movimenti tra la provincia di Roma e Genova dove erano passati e i profili Twitter e Facebook, ritenendoli «combattenti virtuali» dell'Isis che nel web facevano proselitismo. La condivisione di messaggi di morte, prima di tutto: comprese espressioni di giubilo per lo sgozzamento del giornalista americano James Foley, avvenuto nel 2014. Seguendo le tracce dei Matar gli inquirenti erano arrivati al «fratello Ahmad Alì», un contatto interno al Daesh.

IL RICORSO AL TAR

Fruttivendolo e rider, con commesse anche nella zona del Vaticano, sia per Hathem che per Ibrahim allora venne richiesta l'espulsione. Ma i fratelli tramite il loro avvocato presentarono un ricorso al Tar. In pratica, veniva eccepito amministrativamente che qualora fossero stati rimpatriati per un'accusa tanto grave come quella di terrorismo, nelle carceri egiziane ad attenderli vi sarebbero state torture e un regime non garante dei diritti umani. Un precedente che imporrebbe all'Italia di non potere più procedere all'allontanamento di presunti terroristi.

A distanza di un anno, Hathem è ancora in carcere in Italia, Ibrahim invece, era tornato in libertà. Fino a giovedì sera quando, stavolta con un provvedimento emanato direttamente dal Viminale per pericolo per la sicurezza dello Stato, è stato intercettato e rimpatriato.

Ultimo aggiornamento: 2 Gennaio, 09:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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