È possibile uscire dall'euro?

Martedì 7 Febbraio 2017 di Andrea Bassi
È possibile uscire dall'euro?
Mario Draghi, per l’ennesima volta, ieri ha ribadito che «l’euro è irrevocabile». Dalla moneta unica, dunque, non sarebbe possibile uscire. La questione è molto dibattuta da quando sul Vecchio Continente ha iniziato a soffiare il vento anti-europeista. I Trattati, in effetti, non contemplano la possibilità per un Paese di lasciare la moneta comune, ma solo quello di uscire dall’Unione economica. Questa opzione è contemplata dall’articolo 50 del Trattato europeo, divenuto noto dopo il referendum sulla Brexit.

LE REGOLE
Secondo alcuni studiosi, in realtà, pur non essendo previsto dalle regole, l’uscita dall’euro sarebbe possibile perché gli stessi Trattati contemplano la possibilità per alcuni Stati di far parte dell’Unione pur senza averne adottato la moneta. In realtà, se un Paese sovrano dovesse decidere di abbandonare l’euro, difficilmente potrebbe essere trattenuto appellandosi a cavilli giuridici. Più interessante allora, provare a fare un’analisi dei costi-benefici dell’eventuale uscita. Un esercizio molto complesso, ma che di recente ha provato a fare la più importante banca d’affari del Paese, Mediobanca.

Il problema più grosso riguarda il debito, sia quello pubblico che quello privato, cioè contratto dalle imprese e dai cittadini. I fautori dell’uscita dalla moneta unica ritengono che, una volta fuori, la nuova valuta (per esempio una rinata lira) si svaluti immediatamente rispetto allo stesso euro, rendendo più competitive le imprese che potrebbero vendere i loro prodotti sui mercati esteri grazie ad un cambio favorevole. Ma è anche evidente che chi ha un debito denominato in una valuta forte (l’euro), ma ha una moneta debole (la lira), dovrà sostenere costi molto più elevati per rimborsarlo.

La soluzione migliore per i debitori, sarebbe che anche i debiti fossero rinominati in lire. Ma è possibile farlo? L’articolo 1277 del codice civile stabilisce che i debiti si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato. Se il debito è denominato in una moneta fuori corso al tempo del pagamento, allora il debito va ripagato con la nuova moneta ragguagliata al valore della vecchia. Non tutto il debito pubblico italiano, però, è sottoposto alla legge nazionale. Nel 2010, quando scoppiò la crisi greca, fu deciso che le emissioni di Btp dovessero contenere una clausola che si chiama «Cacs», che sta per clausola di azione collettiva.

La ridenominazione in lire del debito sottoposto a questa clausola, deve essere votata dal 70% circa dei possessori dei titoli. Difficile che accettino di essere pagati in moneta debole anziché forte. Secondo le simulazioni di Mediobanca, ben 902 miliardi di Btp contengono questa clausola. In caso di “Italexit”, considerando una svalutazione della nuova moneta del 30%, la perdita su questi titoli sarebbe di 208 miliardi. Poi ci sono altri 48 miliardi emessi direttamente sotto legislazioni straniere, sui quali si perderebbero altri 11 miliardi. Nel conto vanno poi aggiunti i 210 miliardi di Btp comprati dalla Bce tramite il Quantitative easing, sui quali ci sarebbe una perdita di 24 miliardi, mentre altri 37 miliardi si brucerebbero con la chiusura immediata di tutti i derivati a copertura del debito che sono anch’essi sotto leggi straniere.

LE PERDITE
Il costo totale per il Tesoro del ritorno alla lira sarebbe insomma di 280 miliardi. Dall’altro lato però, ci sono 932 miliardi di debito che non è sottoposto alle clausole «Cacs» e che dunque, potrebbe essere ridenominato in euro permettendo di risparmiare 191 miliardi. Secondo Mediobanca, l’Italia potrebbe risparmiare magari qualcosa sui Btp del programma della Bce, azzerando i costi dell’uscita (anzi con un piccolo guadagno di 8 miliardi). Ma man mano che passa il tempo e le clausole «Cacs» vengono inserite negli altri titoli di Stato, il bilancio peggiora. Nel 2022 il solo passivo sul debito pubblico sarà di 381 miliardi in caso di uscita.

Un costo proibitivo. Ma a rendere ancora più complicato, se non addirittura impossibile “l’Italexit”, è un altro dato. Ancora più importante del debito pubblico: il debito privato. La quota che cade sotto legislazioni straniere è di 672 miliardi di euro, il 70% del totale pari al 40% del Pil. Basta immaginare cosa possa voler dire per un cittadino che guadagna uno stipendio in lire dover rimborsare un mutuo in euro. I costi sarebbero proibitivi. E lo stesso vale per le aziende, che si troverebbero in enormi difficoltà finanziarie.
Ultimo aggiornamento: 19:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA