Cristina D'Avena ha il dono di far tornare tutti bambini.
La carriere è cominciata a Canale 5. «Cercavano una voce per la sigla di Pinocchio, era il 1981. E ai provini scelsero me. Mi spinsero i frati dell’Antoniano, già cantavo nel Piccolo coro. Firmai un contratto e per oltre venti anni abitai al Jolly residence di Milano 2, tuttora il mio posto del cuore. Ma all’inizio ero controllata a vista, pedinata da un amico di papà, che non voleva stare in pensiero», racconta.
L’amico che la pedinava per conto del padre era «un ex carabiniere a cavallo, Giuseppe. Riferiva tutto al mio babbo: incontri, uscite, umori. Uomo incorruttibile. Tra le poche concessioni, qualche cena a San Babila con colleghi e attori di teatro. Seguiva una passeggiata in via Monte Napoleone, poi a letto. Mamma, casalinga, era più morbida».
Il figlio che non è mai arrivato
Cristina D’Avena parla del figlio che non ha mai avuto: «Fossi madre sarei più felice. Non so se sarà un rimpianto, di certo non è un pensiero che mi assilla. Perché mi sento una donna realizzata, apprezzata», dice. La "colpa" è della carriera, la grande dicotomia che condiziona soprattutto la vita delle donne: «Ho lavorato tanto senza guardare l’ora, ecco, l’orologio biologico che non fa sconti. Quando mi sono resa conto che era tardi, d’aver perso tempo, sì: mi è dispiaciuto». A colmare il vuoto un amore segreto: «Sono innamorata e molto riservata. Non dirò con chi né lui cosa fa. Solo che viviamo fra Bologna e Milano».
Il successo
Quando le si chiede se ha guadagnato molto grazie alle sue canzoni risponde: «Non ho scritto io i testi, dunque nessun incasso per i diritti d’autore. Ma ho venduto 7 milioni di dischi e funziono ancora. Quando presi la patente mi regalai una Bmw cabrio, la mia prima macchina. Ricordo mio padre sconvolto: “Ma quanto hai speso?”. L’ho conservata, ogni tanto la accarezzo».