Luciana Boccardi
MODI E MODA di
Luciana Boccardi

UNA GORNATA DI SOLE A BURANO
CON L'ACCADEMIA DELLA CUCINA

Lunedì 7 Giugno 2021 di Luciana Boccardi

L’immagine di Venezia nel mondo corre, imperversa, occupa spazi ovunque con le sue bellezze, i suoi monumenti, la sua realtà magica che nasce dall’acqua e sull’acqua  corre  (anche se mano  umana stolta  la stravolge  oggi sull’orlo del confine alterato, portato a espandersi sulla terraferma che non è  mai stata territorio veneziano).  Preferisco pensare a Venezia com’era , com’è sempre stata:   un miracolo dell’acqua sulla quale fa galleggiare l’invenzione umana estrema che è la sua realtà galleggiante da secoli. Questa è Venezia, con la sua storia, il suo passato lambito dalla laguna ( sempre considerata il nemico-amico da non provocare, da tenere a bada, da assecondare o frenare secondo le necessità  e  l’evidenza. L’interesse costante dei Veneziani nei secoli per la tenuta della laguna ci dice quanto sapessero che bisogna amarla e temerla. Oggi si preferisce adoperarla, sfidarla, utilizzarla come elemento “turistico”, come volgare bancomat.  Rivedere  in questi giorni le grandi navi a due passi da noi  è stato un insulto  che non ha giustificazioni. Curioso e aberrante mettere sullo stesso piano la sopravvivenza di famiglie che hanno bisogno di lavorare con il porto  (che funzionante con  modalità  pertinenti  otrebbe essere gestito in  modi meno  rovinosi per Venezia)   e la sopravvivenza di Venezia, realtà irripetibile,  patrmonio dell’universo intero.  Un posto di lavoro , diritto sacreosanto di ogni essere vivente, può  venire  reperito  in vari modi e in vari luoghi,  sta alla  volontà e all’intelligenza  di una classe dirigente inventarsi  formule e modi che  consentano questa realtà che è un diritto. Si trova il modo per andare incontro ai bisogni di  una popolazione che cerca di far valere il diritto di lavorare, e non si trovano soluzioni che garantiscano un posto di lavoro a pieno diritto senza per questo sacrificare Venezia, lasciarla morire, spegnere una fiamma di cultura  mondiale che chiede di essere difesa.   E le grandi navi, piaccia o no ai sostenitori di questa realtà , sono il pericolo per la sopravvivenza di Venezia.

 Mesa da parte questa annosa polemica  che ci si augura non debba concludersi con qualche sorpresa tragica ... vorrei parlare di un evento che ha contribuito a segnare  il ritorno alla vita così’ come la vivevamo prima del Covid, in quella Venezia vera che,  con tappe ora qua e ora là,  la   Delegazione di Venezia dell’Accademia Italiana della Cucina  ha contribuito a farci vivere , offrendo appuntamenti  nei  luoghi  più caratteristici, consentendoci   di apprezzare  un patrimonio di cultura che si affianca a quella artistica, letteraria, storica  della  Venezia  vera   per diventare qualcosa che ci è vicino,  ben presente ancora oggi  nel nostro quotidiano.  Con intuito  e rispetto per la cultura veneziana,  gli accademici  della cucina hanno aderito alla proposta di Rosa Maria Lo Torto ,  presidente  della Delegazione veneziana  : donna  colta e apprezzata per la signorilità che  accompagna la sua conoscenza squisita  , eleggendo come tema da svolgere per l’annata in corso  una rivisitazione degli orti famosi di Venezia. E quali più  veneziani degli orti che animano le isole della laguna?

 Questa volta è stato il turno di Burano,  terra di grande affluenza di artisti che   nella seconda metà del Novecento hanno fatto  di quest’isola un  punto d’incontro  artistico e letterario tra  i più singolari. A Burano approdavano pittori e artisti di ogni paese, intenzonati  a fissare sulla tela  momenti  staordinari di quest’isloa  dove il verde degli orti si fonde  con il  verde della laguna.

 Approfittando dell’apertura alla vita dopo l’isolamento dovuto alla pandemia  - che ci ha rubato due anni di vita -  in un giorno di nuovo sole,  l’Accademia Italiana della Cucina ha portato  i suoi soci veneziani in uno dei ristoranti   di Burano più famosi   (Al “Gatto nero”)  dove il ricordo di grandi firme di artisti che hanno immortalato  Burano  parla dalle pareti coperte di quadri e disegni preziosi.  Il  patron, lo chef  Ruggero  -coadiuvato da moglie  (cuoca sublime)  e figlio (sommelier   che ha fatto  apprezzare  anche  il vino dell’”Orto” di Burano)  ha preparato   -  consultandosi con Rosa Maria  -  un menu  prelibato interamente a base di pesce che ha “impegnato”  - disponibili e  felici... -  gli ospiti a tavola fino a metà pomeriggio.  Un tuffo nella cultura  gastronomica più verace che l’Accademia della Cucina ha saputo  accompagnare  -  frugando tra vecchie pubblicazioni  - con  un ricordo verace del  tempo  degli artisti a Burano scritto da Orio Vergani,  fondatore tra l’altro dell’Accademia Italiana della Cucina.  E’ una simpatica “Ode ai Buranelli”,  firmata dal giornalista che   l’Italia  d’antan  della bona tavola ricorda anche come  fondatore del  famoso  “Premio Bagutta” a Milano. :  “Burano è bella, e il campanil  pendente è bello pur ,   e meglio è la cucina, bella  la  piazza  e  bella è la silente quiete dell’acque che la riva inclina... 

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