La cocaina dal Sud America e dalla Calabria per la quale i narcos italo-albanesi studiavano rotte da coprire con un aereo da turismo e un pilota di cui disponevano («Posso atterrare a Milano, a Canicattì... guarda io c'ho un pilota dell'Aeronautica che è stato dove c'è la guerra.. No a Gaza? No in Cile? Ma in Venezuela... c'ha l'hangar suo...», diceva uno dei contatti intercettato dai carabinieri) e poi ancora le feste, gli investimenti nei locali del Centro di Roma, la passione per le auto di lusso (anche se non tutti avevano la patente) e la "bella vita" conseguibile, però, solo ottenuti i documenti "regolari" in Italia.
È uno squarcio a tutto tondo sui legami tra consorterie nostrane e straniere, quello aperto dai carabinieri del comando provinciale di Roma che ieri all'alba, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno dato esecuzione a 12 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti soggetti (uno latitante) di stanza tra Rocca di Papa, Grottaferrata, l'Eur, il litorale e Reggio Calabria, tutti gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e spaccio.
L'attività di indagine "Pilot 19" è una costola dell'operazione «Tritone», condotta dai militari del Nucleo investigativo di Roma e che, nel febbraio 2022, aveva disarticolato una radicata locale di ndrangheta nei comuni di Anzio e Nettuno, dedita non solo al narcotraffico ma anche al condizionamento della vita politica locale e al controllo delle attività economiche e degli affidamenti degli appalti locali. Tanto che i due comuni costieri furono sciolti per infiltrazioni mafiose. Ascoltando una conversazione del luglio 2019 tra Vincenzo Italiano (ritenuto dagli inquirenti un ndranghetista di lungo corso collaboratore di Bruno Gallace) e Federico Usai, entrambi non indagati in questo procedimento bensì nell'operazione Tritone, gli investigatori scoprono il contatto con un altro calabrese, detto "il biondo", un giovane legato alla ndrina Bellocco di Rosarno (Rc) che si fa vedere spesso a Roma dove (all'epoca dell'inchiesta) ha a disposizione un appartamentino nel retro di un ristorante di Frascati, sulla via Tuscolana, ed è spesso ospite a Casal Palocco nel ristorante "Al 186" allora gestito dal fratello, A. M., per cui ieri è stato disposto l'obbligo di firma. In pratica il business della vendita dello stupefacente dai confini di Anzio e Nettuno si era esteso ai Castelli e nella Capitale.