L'intuizione della stampa in plastica e l'addio alle iniezioni con quel sinistro tintinnio di metallo

Come l'invenzione del modello monouso ha rivoluzionato il mondo

Mercoledì 17 Gennaio 2024 di Francesco G. Gioffredi
L'intuizione della stampa in plastica e l'addio alle iniezioni con quel sinistro tintinnio di metallo

Dal raggelante tintinnio di acciaio e vetro che ormai si perde nella memoria, all’iconico e (quasi) indolore “già fatto?”, fino al simbolo di speranza negli anni più bui della pandemia, quando l’ago è stato sinonimo di vaccino.

La siringa è il presidio sanitario minimo ed essenziale, si vede, si sente (sempre meno), cambia, evolve, ma sono rivoluzioni silenziose e quasi invisibili, non per questo però meno geniali. Per dire: la siringa a un certo punto è stata pure una sorta di metro per misurare gli sprechi nella sanità, “se costa 10 nella tale Regione, perché costa il doppio nell’altra?”. Spauracchio per intere generazioni di bambini e ragazzini, e forse non solo, c’era un tempo nel quale la siringa temuta lo era per davvero e a buon titolo. Il vero spartiacque fu l’invenzione della siringa monouso, a metà degli anni ‘50: via i rischi d’infezione da parziale sterilizzazione, via le paure, “tocco” sempre più delicato e meno invasivo. E pazienza se quel brivido lungo la schiena un po’ corre comunque quando c’è da fare l’iniezione. Tutto cominciò nel 1853, quando Charles Pravaz e Alexander Wood svilupparono siringhe con un ago sufficientemente sottile per perforare la pelle. Il francese Pravaz optò per l’argento, sfruttando un meccanismo a vite per erogare il principio attivo. Il britannico Wood scelse il vetro e un sistema a stantuffo: è la siringa arrivata fino ai giorni nostri. Il vetro oltretutto consentiva una sterilizzazione più sicura tramite bollitura: nelle corsie di ospedale il borbottio dell’acqua nei bollitori era un sottofondo continuo. E i kit per iniezioni, anche quelli casalinghi, prevedevano siringa, uno o due aghi di ricambio e relativo tintinnio di metallo e vetro che non prometteva nulla di buono. Gli aghi inizialmente erano in metalli preziosi, o comunque refrattari all’ossidazione: punta obliqua per perforare più facilmente i tessuti, e periodica necessità di “rifilarla” su carta abrasiva o superfici consone. Negli anni ‘50 del secolo scorso però arriva l’intuizione illuminante: le prime siringhe stampate in plastica che può essere sterilizzata a caldo. Nel 1956 è il farmacista e inventore neozelandese Colin Murdoch a ottenere i brevetti per una siringa di plastica usa e getta.

In Italia prenderà piede lentamente, fino al culmine del fortunatissimo spot tv del citato “già fatto?”, con i bimbi meravigliati per l’esito indolore dell’iniezione. Perché la scienza, soprattutto quando progredisce, è vita e perciò sorr

Ultimo aggiornamento: 18 Gennaio, 07:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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