Italicum, Alfano: «Né fretta né melina ma modifiche per armonizzare Camera e Senato»

Giovedì 26 Gennaio 2017 di Mario Ajello
Italicum, Alfano: «Né fretta né melina ma modifiche per armonizzare Camera e Senato»
Ministro Alfano, ora si va dritti alle elezioni?
«C'è da armonizzare i due sistemi elettorali di Camera e Senato, come chiedeva il presidente Mattarella. Ma lo dico a caratteri cubitali: non è un modo di prendere tempo, perché noi suggeriamo un intervento in artroscopia. L'Italicum modificato dalla Consulta si applichi anche al Senato con due sole aggiunte. Si introduca un premio di governabilità per la coalizione prima classificata, anche se essa non raggiunge il 40 per cento. E si introduca, su indicazione della Consulta, un meccanismo di opzione per chi è eletto in più collegi, al fine di evitare il sorteggio».

Ma le cose potrebbero andare per le lunghe. Invece Renzi vuole votare già in primavera. Lei no?
«Io non entro nel gioco delle date. Stanno nascendo in queste ore due partiti. Quello della melina, rappresentato da chi usa la legge elettorale come pretesto per andare avanti. E quello della fretta, rappresentato da chi dice: pur di andare al voto, andiamoci anche con due sistemi differenti. Io guido il partito del buon senso».

Quale sarebbe?
«Il nostro motto è: un articolo, due commi, sei righe. Basta questo per risolvere i problemi posti dalla Corte Costituzionale e anche dall'opportunità politica».

Il partito della fretta è Renzi e quello della melina è Gentiloni?
«No, questa è una semplificazione inaccettabile. Perché si tratta di schieramenti molto diagonali e spero che il Partito Democratico prenda sul serio la nostra proposta che ripeto: un articolo, due commi, sei righe. Basta questo per omogeneizzare i sistemi delle due Camere, che risultano assai diversi tra di loro. Al Senato c'è la coalizione, alla Camera no. Alla Camera c'è il premio di maggioranza, al Senato no. Alla Camera la soglia di sbarramento è al 3 per cento, al Senato al 4. Alla Camera ci sono i capilista in collegi piccoli, al Senato ci sono le preferenze in collegi enormi. E' tutto platealmente disomogeneo, e occorre intervenire».

Il che non richiede un bel po' di tempo? Renzi sembra assai più frettoloso di lei.
«Dal primo giorno, io ho spiegato che non saremmo stati il partito dell'accanimento terapeutico. Cioé: se la legislatura ha il fiato per durare e per produrre ancora cose utili al Paese, vada avanti. Sennò, no».

E ce l'ha questo fiato il governo? Gentiloni dice di sì.
«Molto dipende dal Pd. Il Parlamento è fatto da 945 parlamentari. 400 sono del Pd. La domanda che mi ha appena posto va girata a quel partito».

Secondo lei, non tutti nel Pd hanno la stessa fretta di Renzi?
«Non sono fatti di casa mia e non mi faccio i fatti di casa altrui. Di certo, c'è un punto di correttezza politica che va riconosciuto e sottolineato: i partiti parlano per bocca del proprio segretario e dei propri organismi dirigenti. Quel che conta non è la voce delle singole correnti, ma del segretario del partito e degli organismi di vertice di quel partito».

Le chiedo di nuovo: quando si vota?
«C'è lo spazio per omogeneizzare i sistemi elettorali senza fare melina. Il tema della data del voto è nelle mani del presidente della Repubblica al quale noi ci affidiamo».

Ma Mattarella non sembra volere elezioni subito. Quindi?
«Il presidente della Repubblica ha prerogative che gli assegna la Costituzione e le esercita con la saggezza e l'equilibrio che notoriamente gli appartengono e con grande competenza costituzionale che è propria del nostro Capo dello Stato».

Lei va molto in giro per l'Italia. Non ha avuto la percezione che i cittadini vogliano andare a votare al più presto?
«I primi sondaggi dicevano il contrario. Ma noi dobbiamo ragionare in base a ciò che è possibile e benefico per il Paese».

I parlamentari, invece, per lo più vogliono allontanare il momento delle urne del voto?
«Questo mi sembra naturale».

Ma è mai possibile che debbano essere sempre i giudici a decidere al posto della politica, anche nelle materie elettorali?
«Non è così. La politica le proprie decisioni le aveva prese e la Consulta, come consente il testo costituzionale, ha corretto quelle decisioni. Ma la decisione ora è della politica e del Parlamento ed è più complessa rispetto ai desideri di ciascuno».