Raid in Libia, il ruolo dell'Italia: Aviano, Sigonella, spazio aereo e navi di supporto

Mercoledì 3 Agosto 2016 di Marco Conti
Raid in Libia, il ruolo dell'Italia: Aviano, Sigonella, spazio aereo e navi di supporto

La spinta che l'azione militare americana sta dando al governo di Serraj è un'ottima notizia per palazzo Chigi. L'Italia di Matteo Renzi, assieme all'Onu e a Washington, ha sempre sostenuto il premier libico che è osteggiato da Bengasi dove Khalifa Haftar regna supportato dall'Egitto e, più discretamente, dai francesi.

USI
Oggi in Parlamento il ministro della Difesa Roberta Pinotti spiegherà cosa sta accadendo in Libia precisando anche i confini del contributo italiano alla missione americana. «Se ci saranno richieste valuteremo e informeremo il Parlamento», ha sostenuto ieri mattina il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni rispondendo sul possibile uso della base di Sigonella. Per ora i raid americani partono dalle portaerei Usa dislocate nel Mediterraneo, ma i droni potrebbero alzarsi anche da Sigonella e gli aerei da Aviano, qualora l'azione dovesse durare per tutti i trenta giorni previsti dal Pentagono. La disponibilità delle basi e del relativo spazio aereo risale ad una decina di giorni fa, quando a Washington ministri degli Esteri e della Difesa della coalizione anti-Daesh si sono riuniti per fare il punto sulla situazione in Libia e la penetrazione del califfato nella terra della mezza luna. Inoltre, sarebbe possibile l'utilizzo delle nostre navi (quelle che già pattugliano le acque libiche per intercettare i barconi dei migranti) per il recupero dei feriti.
 
IL RINGRAZIAMENTO DI TRIPOLI
In attesa di un'eventuale richiesta, alla quale il governo si è impegnato a dare una risposta in tempi brevi informando prima il Parlamento, l'Italia ha incassato ieri da Serraj i ringraziamenti per il lavoro umanitario che stiamo svolgendo. In effetti il governo non si aspetta da Serraj richieste diverse dall'attività di addestramento che già stiamo facendo in Libia. In aula, sia il ministro Pinotti alla Camera che il sottosegretario Enzo Amendola al Senato spiegheranno oggi che occorre «continuare a sostenere quanto il governo di accordo nazionale farà per contrastare Daesh», nel solco di quanto previsto dalla risoluzione 2259 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. «Una scelta di coerenza», come la definisce Francesco Garofani, presidente della Commissione Difesa della Camera, che sta premiando l'Italia e il suo lavoro a sostegno di un governo di unità nazionale che impedisca alla Libia di frantumarsi.

D'altra parte nella lettera di richiesta che Serraj ha inviato a Washington si escludono interventi di terra da parte di soldati stranieri e si legano i bombardamenti aerei all'avanzare delle truppe libiche. Nel 2012 l'uccisione dell'ambasciatore americano Christopher Stevens a Bengasi costrinse la Casa Bianca ad archiviare il dossier libico lasciando agli europei il compito di sbrogliare una matassa sempre più complicata. Ad aprile di quest'anno la svolta, con l'ammissione da parte di Obama del «mio più grande errore: non aver avuto un piano sulla Libia» per il dopo. Un'ammissione che fu musica per le orecchie di Renzi che sulla Libia ha sempre tenuto a freno le pulsioni militari interne al nostro Paese.

IL DOPO
Sostenere Serraj e fargli vincere la guerra a Sirte non significa però risolvere i problemi di un Paese stremato da anni di guerra e per decenni abituato ad una relativa pace interna dovuta anche ai proventi del petrolio. Renzi è convinto che l'Italia possa rafforzare la collaborazione contribuendo al dopo-bombardamenti attraverso la ricostruzione di strade, ospedali, scuole.

Il riavvio della produzione di petrolio, avvenuto pochi giorni fa, è per il l'Italia un segnale importante perché riconsegna al governo di Tripoli la principale leva dell'economia libica, ma ancora lunga è la strada per pacificare un Paese diviso in tribù e potentati.

Ultimo aggiornamento: 15:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA