Tiziana, il generale Rapetto: «Il suo errore fatale: accendere la miccia del web»

Sabato 17 Settembre 2016 di Cristiana Mangani
Tiziana, il generale Rapetto: «Il suo errore fatale: accendere la miccia del web»
Vittima di un gioco, di una scelta. Tiziana Cantone era una ragazza libera, bella, ma anche fragile. Sperava forse di condurre lei le dinamiche sul web, ma la violenza dei social l’ha sopraffatta fino a farle desiderare la morte. E ora sul suo caso si sono aperti dibattiti infiniti, tra chi cerca motivazioni a tanta aggressività, e chi invece, avverte: «Mai commettere errori, perché la Rete non perdona». La pensa così anche Umberto Rapetto, che è tra i maggiori esperti italiani di strumenti tecnologici, generale della Guardia di finanza, per anni al comando del Gat, il Nucleo speciale frodi telematiche.

Generale, in che cosa ha sbagliato Tiziana?
«La ragazza ha commesso molti errori non immaginando le conseguenze del suo comportamento, sottovalutando l’implacabile potenza degli strumenti tecnologici, non considerando che Internet non dimentica e non può dimenticare, pensando che le sue esibizioni veicolate attraverso gli “amici” facessero ingelosire e ferissero il suo ex-fidanzato, ritenendo di non far niente più di quel che altri avevano fatto, fantasticando che tutto finisse lì».

Prima di lei altre ragazze, altre vittime, perché il web è così severo?
«La “pietas” non ha posto su Internet, nelle cui vene scorre fiele gratuito a scapito della solidarietà che dovrebbe essere il vero sentimento “social”».

Sarebbe stata la stessa cosa se il protagonista fosse stato un uomo?
«In realtà sì. La Rete non fa distinzioni “gender”. La vittima è vittima e basta. Ovviamente più è debole e maggiore è la violenza, nel rispetto di quelle regole non scritte che stanno trasformando Internet in una pericolosissima valvola di sfogo per chi ha problemi di ogni tipo e cerca disperatamente qualcuno su cui scaricare rabbia e cattiveria».

Come fa un video a diventare virale?
«E’ questione di un attimo. Un filmato si diffonde rimbalzando da un sito all’altro e si propaga nei social network con poche banali operazioni alla portata anche degli utenti meno esperti. Basta un clic per salvare un contenuto sul proprio computer, tablet o smartphone. Ne bastano pochi altri per ripubblicare altrove, per condividere, per replicare su siti che aspettano proprio questo genere di contributi. Il web si alimenta di questi file, frutto dell’esibizionismo e dell’incoscienza, della voglia di protagonismo. E nessuno si pone minimamente il problema che la visibilità guadagnata possa costare dolore a qualcuno o addirittura la morte di una persona».

Quale è la chiave che spinge l’interesse: sesso, cronaca, politica?
«La chiave della cattiveria è l’insoddisfazione personale. Esistono addirittura soggetti che elevano a filosofia di vita il recare fastidio o fare danno a terzi incolpevoli sfruttando il volume di fuoco che Internet è in grado di generare. Sono i cosiddetti “troll”, emuli dei folletti dei boschi che si annidano nella savana digitale e passano il loro tempo a irritare, insultare e aggredire chiunque capiti a tiro fino ad avviare vere e proprie campagne persecutorie. Proprio per questo vanno evitati atteggiamenti e scelte poco prudenti, per non trovarsi nella terribile situazione in cui si è trovata Tiziana».

Come uscire dall’inferno?
«Riscoprendo la vita normale, ammettendo che gli “amici” sono quelli che abbiamo intorno e non gli sconosciuti che abbiamo collezionato online. Bisogna spiegare – e non solo ai giovanissimi – che deve essere rivalutato il rispetto per gli altri e, soprattutto, quello per se stessi che troppo spesso viene dimenticato».

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