«Con la letteratura in cerca di libertà»: Renato Ghiotto, chi era il romanziere vicentino

Domenica 10 Marzo 2024 di Adriano Favaro
Renato Ghiotto

Renato Ghiotto aveva alcuni amici con i quali dialogava, scambiava lettere e biglietti che si chiamavano (solo una scelta) Fernando Bandini, Gaspare Barbiellini Amidei, Carlo Castellaneta, Gianfranco Contini, Luciano Erba, Gigi Ghirotti, Tullio Kezich, Luigi Meneghello, Aldo Palazzeschi, Pier Paolo Pasolini, Neri Pozza, Mariano Rumor, Ignazio Silone, Mario Soldati, Andrea Zanzotto. Dal 1943, da rifugiato politico in un campo di lavoro in Svizzera narra le amarezze agli amici; col fratello Renzo - il partigiano "Tempesta" dei "Piccoli maestri" di Luigi Meneghello è un'antifascista in fuga.

Nel giugno nel 1945, a 22 anni, lo chiameranno a dirigere il Giornale di Vicenza.

Ci resterà cinque anni andandosene, ma considerandosi "cacciato" come narrerà a Ghirotti - per il cambio di linea e la limitazione della libertà. Parte per Buenos Aires col fratello, lì conoscerà Jorge Luis Borges. Tornato in Italia riprende a scrivere, farà il direttore di riviste come Il "Mondo", lasciando spazio a Pasolini e ai radicali per le loro battaglie civili. Romanziere è finalista al premio Strega nel 1967 con "Scacco alla regina", che poi diventerà un film. Nel 1971 è in finale al Campiello con "Adiòs" del quale Dino Buzzati - dirà Neri Pozza - «ne invidiava con la meccanica dell'impianto, la lucidità intellettuale".


Non è un curriculum finito, anzi; perché ora la figura di Renato Ghiotto (1923-1986) è tornata in questi giorni alla ribalta con un libro-biografia curato da Oreste Palmiero che fin dal titolo - tratto un passaggio in una lettera scritta da Ghiotto esule a Meneghello "In questo arrabattarsi gioverebbero i discorsi con gli amici" (Marsilio, 22, 128 pag) - mette a fuoco l'animo straziato e la voglia di civile libertà. Elementi che segneranno l'esistenza dello scrittore vicentino che è stato per anni anche collaboratore de "Il Gazzettino": in questo giornale Ghiotto scriverà prima racconti, critiche d'arte e avrà un suo spazio "La poltrona di Ghiotto" alla Biennale Cinema, Cannes, Taormina e tanti festival cinematografici.


Tra le decine di lettere che Palmiero raccoglie, commenta e spiega quella scritta agli inizi degli anni Settanta ai coniugi Meneghello - che coincide anche con il rientro di Ghiotto nel mondo del giornalismo spiega come il suo sia "un ritorno privo d'entusiasmo. In generale mi disturba l'idea di scrivere su un giornale, qualunque giornale. E allora perché? È una di quelle piccole condanne, capitate per caso, che si accettano a scanso di pene maggiori».
Ma la dimensione di questo intellettuale che scrive sceneggiature per la Rai, lavora nel cinema, nella tv, non è fatta solo di struggimenti malinconici. Passando in rassegna il lavoro al Gazzettino si trovano critiche dei film di registi come Bertolucci, Novecento; Altman, Nashville; Forman, Qualcuno volò sul nido del cuculo; Salce, Il secondo tragico Fantozzi; Pasolini, Salò; Spielberg, Lo squalo. Si muove con eleganza di fronte alle novità quando scrive dei nuovi audio-libro, delle cassette musicali; lo si capisce anche dal commento su un convegno della Dc sul "Ruolo del teatro come servizio". Lo scrittore vicentino era amico di Mariano Rumor, uno dei leader della allora Democrazia Cristiana nazionale, e vicentina in particolare, già Presidente del Consiglio - pur professando uno spirito autonomo e liberissimo; Rumor lo aiuterà anche nella importante attività di pubblicitario.


Capire Ghiotto diventa più facile ora leggendo le sue lettere. È il 1939 quando "in rappresentanza del comando Gil (la Gioventù italiana del Littorio ndr) del Fasci di Montecchio Maggiore, giunge al primo posto categoria "Avanguardisti" ai Ludi Juveniles della cultura. Dopo la maturità al liceo Pigafetta di Vicenza vince una borsa di studio della Cassa di Risparmio e si iscrive a Lettere e Filosofia dell'Università di Padova; dove "intensifica la frequentazione con Meneghello suo compagno di stanza". I due fanno le grandi prove di giornalismo, nella rivista "Il Bo" e nel quotidiano "Il Veneto". Ghiotto ha cominciato presto con la penna: nel libro Ferdinando Bandini, critico e poeta ricorderà come "Un giorno durante la guerra il professore (collegio padri Giuseppini di Montecchio), che era un prete, mi chiamò e mi disse: «Non credere di essere tanto bravo in italiano. Qui è passato un ragazzo che era più bravo di te». E mi mostrò il quaderno dei temi di Renato, e tra questi uno sulla primavera scritto in versi. Ho cominciato a scrivere le mie poesie per competere con Ghiotto". Anche se vinci un concorso da Avanguardista poi capisci come il Fascismo sia la condanna della libertà: e cominci a reagire.


A guerra finita e dopo l'esaltante ma impietosa fine da direttore del Giornale di Vicenza Ghiotto diventerà direttore della rivista femminile "Stella" mentre l'esperienza da direttore del Mondo durerà un anno, 1973; periodo tormentato da scioperi e crisi e denunce proditorie. Critico, sceneggiatore, collaboratore di quotidiani come "Il Messaggero" "La Stampa" e "l'Espresso" dove scrive memorabili recensioni nella rubrica "Telecinema". Il fratello Renzo ricorda la passione per i film quando faceva il metalmeccanico a Buenos Aires: «Ricordo con una sensazione di stanchezza negli occhi i sabati in cui mi trascinava con sé in calle Lavalle e Corrientes, dove entravamo in una sala alle due del pomeriggio per uscire da un'altra sala alle due del mattino, dopo 5 film».


Tra le tante missive che Renato scrive all'amico poeta Luciano Erba memorabile questa del 1944: «La mia casa brucia e so che non posso salvarla, ma il mio lamento per essa per tutte le case bruciate è forse una cosa possibile».

Ultimo aggiornamento: 11 Marzo, 08:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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