«Ha ucciso il fratello con 20 coltellate»: chiesti 21 anni per l'avvocato di Mirano

Torino, il pm chiede invece l'assoluzione per il tentato omicidio della sorella

Martedì 24 Gennaio 2023 di Nicola Munaro
La zona dove è avvenuto il fatto

MIRANO - La richiesta: ventuno anni di carcere, poi il soggiorno in un Rems, cioè la struttura sanitaria di accoglienza per gli autori di reato affetti da disturbi mentali e socialmente pericolosi. Com’è - secondo la procura di Torino - Carlo Pellegrini, il quarantanovenne avvocato nato a Mirano e accusato di aver ucciso il fratello Enrico nel giugno 2021 e di aver tentato di uccidere la sorella qualche giorno prima, avvelenandola con della morfina diluita in una bottiglia di acqua naturale. Un’accusa, quest’ultima, per cui ieri, nel tirare le fila della sua requisitoria, il pm Delia Boschetto ha chiesto l’assoluzione motivandolo con l’«inidoneità del mezzo»: la morfina versata nella bottiglia era troppo poca per uccidere.

La sentenza arriverà a febbraio e la Corte d’Assise torinese dovrà anche quantificare il risarcimento che Pellegrini dovrà versare alla sorella (parte civile con l’avvocato Marco Marchio) mentre il padre del quarantanovenne avvocato non ha chiesto ristori economici. 


VENTI COLTELLATE 
Di fronte al giudice dell’udienza preliminare Pellegrini aveva ammesso di essere stato lui a uccidere il fratello Enrico, 52 anni, trovato senza vita e con una lama in un occhio nel garage di un palazzo in via Principi d’Acaja 38, a Torino, il 27 giugno 2021. Secondo la Procura e i carabinieri della città della Mole, la morte del cinquantaduenne però risalirebbe ad alcuni giorni prima. Nell’atto d’accusa l’omicidio è fissato al 23 giugno, giorno dell’ultimo contatto tra la vittima e il fratello. È di due giorni dopo (25 giugno) la denuncia di scomparsa fatta arrivare ai carabinieri dal padre Rodolfo e dalla sorella Silvia, preoccupati del fatto che Enrico non rispondesse più al telefono. La domenica successiva Enrico Pellegrini veniva trovato morto in una cantina del palazzo dove viveva, ucciso con ferocia da una ventina di coltellate inferte tra il torace e la gola. Poi l’ultima, con la lama rimasta conficcata in un occhio. Sul corpo, nessun segno di difesa. Tutti particolari sui quali - come sul movente - Pellegrini ha glissato, assumendosi solo la responsabilità della morte del fratello.


LA MORFINA
Erano state però le indagini a svelare un primo capitolo della storia. Il 19 giugno 2021 - quattro giorni prima dell’omicidio di via Principi d’Acaja - Carlo Pellegrini era a Casier, in provincia di Treviso, a cena a casa della sorella Silvia, insieme al loro padre Rodolfo e ad altri parenti. Secondo gli inquirenti Pellegrini avrebbe versato «un quantitativo imprecisato di morfina in una bottiglia d’acqua» quando si era trovato da solo a tavola, mentre la sorella e il padre accompagnavano alla porta gli zii. Alcuni minuti dopo era stato lo stesso Carlo a lasciare la casa della sorella, salutando e dicendo che tutti si sarebbero visti alcuni giorni dopo. La donna ha raccontato ai carabinieri che mentre stava liberando la tavola aveva bevuto dell’acqua, ma si era interrotta subito per il gusto strano, insolito. Quella bottiglia l’aveva conservata e poi fatta analizzare man mano che l’intera architettura accusatoria si costruiva sui tavoli dalla procura. Gli esami di laboratorio avevano portato alla luce la morfina. 


LA FAMIGLIA 
Pellegrini - ancora in carcere a Torino - aveva lasciato Mirano nel 1987. Da ragazzo aveva giocato nella squadra di basket del paese. Il padre Rodolfo è il fratello dell’architetto Alberto Pellegrini, autore di numerose strutture in città, tra cui il teatro. 

Ultimo aggiornamento: 07:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci