Il pompiere della foto simbolo: «Mi sono buttato tra le fiamme senza pensare»

Domenica 8 Ottobre 2023 di Giulia Zennaro
La disperazione dei pompieri

MESTRE - L’immagine simbolo della tragedia di Mestre è una mano sul volto, a nascondere la fatica, accanto a un altro vigile del fuoco che più che un collega è un fratello: Stefano Zanetti ha condiviso con Davide Bellotto quell’immagine. Il loro scatto, in un momento di riposo dopo il difficile lavoro di soccorso la sera del 3 ottobre, quando il bus precipitato dal cavalcavia Vempa ha riscritto la storia degli incidenti stradali in Veneto, è diventato il simbolo della tragedia.

Stefano racconta quei momenti con spontaneità, come se parlarne lo aiutasse a metabolizzare: «Siamo stati tra i primi ad arrivare, alle 19.40 è arrivata la chiamata. Io stavo nel veicolo con l’autoscala, abbiamo cominciato a buttare acqua per spegnere le fiamme. Pensavamo inizialmente che il bus fosse a metano e non elettrico: non abbiamo pensato al rischio che correvamo a innaffiare le batterie. Quando senti le urla della gente, li vedi bruciare, non puoi fare altro che cercare di domare il fuoco. Non si pensa alla propria sicurezza in quei momenti: se uno cominciasse a pensare che sta andando all’interno di un autobus in fiamme, col rischio di corto circuito, si tirerebbe indietro. Noi invece dobbiamo fare quello per cui siamo addestrati, anche quando si tratta di andare verso le fiamme invece di allontanarsi, come farebbe chiunque».

 Tra i primi estratti dalle lamiere da Stefano un bambino, morto: «Quell’immagine mi perseguita ancora. Mentre stai lavorando l’adrenalina non ti fa pensare, poi appena stacchi ti torna tutto addosso e crolli. Abbiamo pianto. Ho detto al collega “Davide, sediamoci cinque minuti”, perché quelle situazioni ti tagliano le gambe. Eravamo a pezzi, ci siamo fatti dare acqua e soluzione fisiologica da un’ambulanza. In quel momento ci hanno scattato la foto che è finita su tutti i giornali. E pensare che, al momento, mi sono anche un po’ innervosito. Però adesso devo dire che mi sono affezionato a quella foto, lo considero un ricordo di un momento non bello ma che ci tengo a custodire». Stefano sta ancora metabolizzando ciò che ha visto la notte di martedì, anche grazie al supporto degli psicologi: «Sono andato a vedere l’autobus, che ora si trova sotto sequestro. Devo dire che vederlo mi ha fatto uno strano effetto: ho rivissuto tutto di quella notte, ma mi ha fatto bene. Penso che, come vigili del fuoco ma anche rispetto a tutta la macchina dei soccorsi, sia stato fatto un lavoro impeccabile: in 27 anni di servizio non ho mai visto una cosa del genere ma abbiamo reagito tutti dando il massimo. Penso che abbiamo fatto tutto ciò che potevamo fare. Ognuno poi elabora a modo suo ma è importante avere qualcuno con cui confrontarsi». Soprattutto se quel qualcuno è un collega con cui condividi pericolo e fatica: «Con Davide Bellotto, seduto con me nella foto, ma anche con Davide Signora, che compare in un’altra, siamo più che colleghi. C’è un rapporto di amicizia diverso da tutti gli altri perché facciamo un lavoro unico. Ora tutti vogliono sapere, ci fanno i complimenti: oggi (ieri, ndr), una scolaresca è venuta a trovarci. Per noi è normale: bisogna andare sempre avanti, anche se significa buttarsi tra le fiamme per salvare vite». 

Ultimo aggiornamento: 18:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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