VENEZIA - Gianni Trez non c'è più e ieri in tarda serata sono tornate a Venezia la vedova, Emanuela di Sanzo, assieme alla figlia Marta. Erano partiti con un'ambulanza, in tre, ma nella verde isola lagunare, avvolta dal buio e dal silenzio, sono tornate sole. Un viaggio alla ricerca di quella morte dolce che avrebbe messo fine alle sofferenze del marito, 65 anni, pensionato Telecom, affetto da un male incurabile ormai da un paio d'anni, nella clinica svizzera Dignitas a Zurigo. Nel pomeriggio di ieri la donna aveva annunciato il suo ritorno alle persone amiche, ammettendo di essere stanca. «Sono distrutta».
Tanta la tensione che ha preceduto il suicidio assistito, a cui si è aggiunta l'attenzione mediatica. La famiglia l'ha accompagnato nel suo ultimo viaggio senza ostacolarlo, anche perché quella vita di sofferenze sempre più dolorose per lui, attivista, vegano convinto e animalista, non era più sopportabile. L'addio alla vita con il sorriso, ma anche con il rimpianto di non aver potuto morire nella propria città, tra i propri cari, e la speranza che parlarne serva a far cambiare le cose. «Una persona - aveva commentato la vedova riferendosi alle leggi italiane che non permettono l'eutanasia - deve poter decidere quanto è in grado di soffrire». Ad attendere Emanuela e Marta a Sant'Elena, quegli amici che avevano salutato Gianni per l'ultima volta ed ora si stringono nel cordoglio.
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