Luigi Carrer, l'umanista conteso da tutta Venezia

Martedì 27 Febbraio 2024 di Alberto Toso Fei
Luigi Carrer, l'umanista conteso da tutta Venezia

VENEZIA - Mentre fu in vita godette di grande notorietà: i salotti letterari se lo contendevano, le ragazze sospiravano al suo passaggio... in alcune raccolte poetiche della metà dell'Ottocento - mentre era ancora vivo e vegeto - il suo ritratto campeggia assieme a quelli di Parini, Pellico, e di Alessandro Manzoni. Certo, oggi ci restano i suoi versi romantici, ma per il resto di Luigi Carrer rimane ben poco. Eppure fu curatore del Museo Correr, fondatore di riviste, insegnante, editore e socio tanto dell'Ateneo Veneto quanto dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti. E fu ammirato da Lord Byron.

LA STORIA

Nacque a Venezia il 12 febbraio 1801 dal commerciante Pietro Carrer e da Margherita Dabalà.

Mentre il padre, costretto a chiudere il negozio in Ruga di Rialto, si trasferì a Sovilla, presso Nervesa (nel trevigiano), rimase a Venezia da uno zio materno per proseguire gli studi, approdando a Treviso nel 1814 per frequentarvi il ginnasio ma ritornando poi in laguna al Liceo di Santa Caterina (destinato a diventare Foscarini). Dopo la laurea in Giurisprudenza a Padova insegnò per quasi tutta la vita tra Castelfranco, la stessa Padova e Venezia, ma i suoi interessi spaziarono ovunque, in ambito umanistico e letterario: lavorò per l'editore veneziano Girolamo Tasso - con il quale pubblicò, in tre volumi, i "Saggi sulla vita e sulle opere di Carlo Goldoni" - e nel 1825 diresse la "Stamperia della Minerva" di Padova, famosa casa editrice dell'epoca.

Nel 1833 fondò a Venezia "Il Gondoliere, giornale di amena conversazione", del quale fu editore e proprietario.
Scrisse diverse opere di saggistica e poesia, ma anche - significativamente - diverse ballate romantiche, genere quasi sconosciuto in Italia, che incontrarono i gusti del pubblico. Tra queste, quelle di maggior successo furono "Il cavallo di Estremadura", "La sorella", "La vendetta", "La fuga", "Jerolimina". Nel 1827, anno in cui gli nacque l'unica figlia, Elena (da un matrimonio sommamente infelice), scrisse una parte del poema "La Fata vergine" il cui primo canto uscì nel 1840. Fu traduttore di classici latini: Catullo, Orazio, Ovidio, Fedro e Lucrezio. Nel 1838 scrisse una storia romanzata di Venezia, "Anello di sette gemme", nella quale la città è fantasticamente identificata in sette tra le più celebri donne veneziane, da Bianca Cappello a Gaspara Stampa, da Giustina Renier-Michiel a Caterina Corner.
Ma Luigi Carrer fu soprattuto un giovane poeta che frequentava il salotto letterario di Marina Querini Benzon, "la biondina in gondoleta"; fu ammiratissimo per la sua capacità di improvvisare intere tragedie su argomenti proposti in modo estemporaneo. Oltre a questo fu un bellissimo uomo. Raffaello Barbiera ne fa una descrizione in un libro del 1923: "Capelli inanellati cadenti in riccioli sulle spalle; grandi occhi volgenti al cielo; tipo sospiroso, idoleggiato dalle fanciulle romantiche. Carrer passava ammirato sulle vie di Venezia. Nella società veneziana, tutti lo volevano a veglia, e al desco". Byron, che lo conobbe proprio a casa della Benzon, ne fu ammirato e gli consigliò di coltivare la poesia meditata, per lasciare tracce durevoli. In età matura fu socio e vicesegretario dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti oltre che dell'Ateneo Veneto, del quale fu segretario e vicepresidente.
Ma a tanta fortuna letteraria, sociale e professionale, non corrispose altrettanta buona sorte nella vita: i suoi ultimi anni furono segnati da continue difficoltà e delusioni. Nel 1844 dovette lasciare la cattedra alla scuola tecnica di Venezia, ottenuta con fatica, a causa della tisi che ne insidiava la salute; due anni più tardi - malgrado l'opposizione del governatore austriaco, che lo sapeva oppositore politico - divenne conservatore e direttore del Museo Correr, nomina che perdette e riebbe nel 1849 solo sconfessando tutti gli scritti patriottici prodotti durante la sollevazione del 48. L'anno precedente aveva perduto la figlia per la sua stessa malattia. Sfiduciato, minato dalla tisi e ridotto allo stremo delle forze, si spense a 49 anni il 23 dicembre 1850, assistito dall'amica Adriana Zannini Renier (nipote di Giustina Renier Michiel) alla quale legò tutti i suoi manoscritti.

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