Giuseppina Casarin: «Io premiata dal presidente Mattarella, è stata una sorpresa»

Domenica 25 Febbraio 2024 di Davide Tamiello
Giuseppina Casarin

MESTRE - La musica come volano per l’integrazione. Il progetto “Voci dal mondo”, in questi 16 anni, ha visto più di 500 storie diverse incontrarsi in una mescita armonica, grazie alla guida della direttrice (e fondatrice) del coro Giuseppina Casarin. L’importanza del lavoro di “Beppa” (come la chiamano amici e colleghi), 65enne di Mirano, è stata riconosciuta anche dal Quirinale: la musicista, infatti, fa parte dei 30 esempi civili premiati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Casarin è stata nominata Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana «Per facilitare, attraverso il canto, i rapporti tra persone appartenenti a diverse culture». Perché, cioè, con il suo coro Voci dal Mondo, che si ritrova per le prove a Mestre in via Sernaglia, «riesce a facilitare le relazioni tra persone anche di diversi Paesi divenendo così un esempio di inclusione sociale».

Casarin, se l’aspettava?

«È stata una sorpresa, molto emozionante. Sono onorata: ho ricevuto la chiamata dal Quirinale e mi hanno detto che si sono informati sul progetto, che era piaciuto molto e che mi avrebbero consegnato questa onorificenza il 20 marzo».

Come è nato “Voci dal mondo?”

«Nel 2008 ricevetti una telefonata da Roberta Zanovello, operatrice dell’Etam delle politiche sociali del Comune, che mi propose di realizzare un progetto musicale per aiutare gli stranieri a integrarsi con via Piave. In quel periodo si stava vivendo un primo cambio importante dell’identità del quartiere: negozi e ristoranti stavano andando verso una multietnicità e un cambiamento che stava generando timore e insicurezza».

L’idea, quindi, di fondere queste voci in un coro.

«Sì, l’esperienza con la musica doveva essere la testimonianza che la convivenza tra italiani e nuovi cittadini era effettivamente possibile. Nel coro non ci sono etnie, ci sono solo persone». 

C’è, in questi anni, qualche storia che l’ha colpita più di altre? 

«Ricordo quella di una signora arrivata in Italia a piedi dalla Romania. O tutti i racconti di quei ragazzi che hanno vissuto l’esperienza drammatica della rotta mediterranea. La traversata del deserto, la prigionia in Libia, il naufragio e l’arrivo in Italia, dove qualcuno all’inizio ha dovuto fare i conti con schiavitù, caporalato e razzismo. Il coro è una piccola comunità in cui ognuno si prende cura dell’altro». 

Ha fatto un suo bilancio di questi 16 anni di esperienza?

«Credo sia stato importante. Il coro ha una rete di relazioni a sostegno di tutti, si creano legami e supporti di ogni tipo. Le persone non si sentono sole ed è un modo per gli italiani per sentirsi solidali».

Non c’è solo l’aspetto sociale però. Dal punto di vista tecnico, è difficile mettere insieme tante influenze musicali diverse?

«Non è stato semplice, il mio ruolo è anche quello di apprendere nuove contaminazioni. Chi arriva aggiunge sempre dei linguaggi musicali, l’obiettivo è anche quello di far emergere e valorizzare le bellezze di tutta la musica». 

Quanto è cambiata via Piave in questi 16 anni?
«Tantissimo. Nella zona in cui operiamo noi, in via Sernaglia, il problema dello spaccio e del consumo di droga è aumentato a dismisura. Fino al 2013 non era così». Che rapporto c’è con quel mondo? «Molti a volte entrano, sono curiosi, ascoltano. Soprattutto quando proviamo all’aperto. Ma se mi chiede se siamo riusciti a coinvolgerli direttamente no, nessuno è mai venuto a cantare». Quanti elementi conta il coro? «Siamo una quarantina da una decina di nazionalità diverse. Ma in questi 16 anni qui sono passate circa 500 persone. Lunedì proporrò al gruppo di accompagnarmi al Quirinale il 20 marzo». 

Ultimo aggiornamento: 17:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci