Loria. I parenti di Mario Piva, ciclista investito da Steve Quintino: «Un folle? No. Chiamatelo assassino»

Lunedì 3 Ottobre 2022 di Maria Elena Pattaro
I fiori sul luogo della strage dove ha perso la vita il ciclista Mario Piva investito dall'auto guidata da Steve Quintino

LORIA - «È un assassino. Dargli del criminale è riduttivo. Ha ucciso un uomo ed è scappato, rischiando di investire altre persone. Mario purtroppo ha avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato». Il dolore si mescola alla rabbia nelle parole di Maria, una delle amiche più care della coppia di ciclisti su cui sabato mattina è piombato Steve Quintino, al volante di un'Audi A4 rubata poco prima a una donna di Altivole. Mario Piva, 67 anni, è stato centrato in pieno e sbalzato sull'asfalto. È morto sul colpo.

La moglie Tiziana è stata sfiorata di pochi centimetri e ha assistito impotente alla scena, senza riuscire a gridare al suo Mario di spostarsi. «L'ha fatto apposta. Ha sterzato per ammazzarlo» ha detto singhiozzando a un testimone, mentre accarezzava il corpo esanime del marito in attesa dei soccorsi. Rischiando di essere colpita dall'auto pirata che dopo qualche minuto è ripassata sul luogo dell'incidente mortale. Ieri la famiglia Piva si è chiusa nel silenzio. Troppo profondo il dolore, racchiuso nella frase che la donna ripeteva sabato mattina, china sul corpo senza vita del marito: «Era meglio se prendeva anche me».


IL CORDOGLIO
In tanti, tra amici e concittadini, hanno cercato di lenirlo in queste ore attraverso un messaggio, una parola di conforto o una visita nella villetta di via Chiesa, dove abitava la coppia. Anche il parroco don Enrico Prete e il sindaco Simone Baggio hanno portato il loro cordoglio, a nome dell'intera comunità. Mentre a San Zenone, nel luogo in cui è stato travolto, qualcuno ha deposto dei ciclamini. Al telefono la voce della figlia Monica è incrinata dal pianto: «Preferisco non dire niente per ora». Nemmeno pronunciarsi sulle scuse a mezzo stampa della famiglia Quintino. A dare voce all'indignazione che serpeggia in paese è invece l'amica Maria: «Non chiamatelo criminale, quel ragazzo è un assassino. Ha distrutto una famiglia: moglie e figlia erano legatissime a lui». Chi li conosce li descrive come una coppia affiatata.


L'IMPATTO
Sabato mattina stavano andando a trovare la figlia ad Asolo, come facevano spesso. Erano quasi a metà strada ma il loro viaggio si è interrotto drammaticamente alle 9.30 in via Vivaldi, all'incrocio con via Marini, dove è avvenuto l'investimento fatale. «Mentre stavamo aspettando i soccorsi e le forze dell'ordine - racconta un testimone - dopo un quarto d'ora è riapparsa l'Audi, ma alla guida c'era un uomo con la barba e i capelli neri e dal lato del passeggero dove c'era il cristallo distrutto dalla botta, un ragazzo con una maglietta bianca». Una circostanza quest'ultima su cui gli inquirenti stanno facendo accertamenti. «Sono passati sempre correndo come dei pazzi e a poca distanza da noi», chiude il 50enne. Mario si stava godendo la pensione, tra giri in bici, giardinaggio e passeggiate in montagna e viaggi con la consorte. Aveva lavorato negli ultimi anni a Mestre come statale. E quando era più giovane era anche stato vittima di un incidente sul lavoro. Era rimasto incastrato in un tornio mentre stava lavorando un materiale e aveva perso un dito della mano. La famiglia attende ora il nullaosta della Procura per poter celebrare le esequie dello sfortunato 67enne.

 

Ultimo aggiornamento: 5 Ottobre, 17:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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