Carcere e arresti per due anni, ma
poi l'assolvono: niente risarcimento

Mercoledì 5 Marzo 2014 di Gianluca Amadori
Jennifer Favaro sul banco degli imputati
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VENEZIA - È stata assolta dalla pesante accusa di omicidio volontario del bimbo che aveva appena partorito, ma non ha diritto ad alcun risarcimento per i due anni trascorsi tra carcere ed arresti domiciliari in quanto ha contribuito a "depistare" le indagini attraverso una serie di false dichiarazioni fornite agli investigatori per ricostruire l’accaduto.



È con questa motivazione che la Corte d’Appello di Venezia ha respinto la richiesta presentata da Jennifer Favaro, la trentaduenne italo-svizzera finita sotto inchiesta prima e sotto processo poi in relazione alla morte di un neonato, avvenuta nella notte del 1 giugno 2006 a Poggiana di Riese.



Inizialmente, di fronte alle forti contraddizioni tra il suo racconto e quanto riscontrato dai medici dell’ospedale di Castelfranco, la donna fu arrestata e per una ventina di giorni restò reclusa. Poi le furono concessi i domiciliari e tornò in libertà soltanto il 23 giugno 2008, dopo la sentenza di assoluzione della Corte d’Assise d’appello.



Nell’ottobre del 2007, a conclusione del processo di primo grado, celebrato davanti all’Assise di Treviso, Jennifer Favaro era stata invece ritenuta responsabile del reato di omicidio volontario e di soppressione del cadavere del piccolo (rinchiuso all’interno di una valigia piena di indumenti dopo che la donna aveva ripulito la stanza nella quale aveva partorito) ed era stata condannata a 18 anni di reclusione. Nella sentenza erano state evidenziate le bugie raccontate: a suo dire, infatti, il parto era avvenuto il giorno precedente, quando si trovava in Svizzera.



L’assoluzione in Appello è stata motivata con il fatto che il neonato è vissuto solo pochi istanti: un tempo troppo breve per avere la certezza che la madre si fosse resa conto che forse avrebbe potuto salvargli la vita intervenendo tempestivamente. Jennifer era "confusa e frastornata" e, secondo i giudici non è emerso alcun elemento che faccia pensare ad una sua intenzione di uccidere il piccolo.



Dopo l’assoluzione, diventata definitiva nel giugno 2009, la donna ha chiesto di essere risarcita per i due anni di detenzione "ingiusta", sollecitando la condanna dello Stato a versarle 350mila euro.

Ma la Corte veneziana (presidente Daniela Perdibon) ha ritenuto che Jennifer non abbia diritto ad alcun indennizzo a causa del suo comportamento gravemente colposo nel corso delle indagini.
Ultimo aggiornamento: 13:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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