Omicidio del Piave. Anica Panfile, arrestato Franco Battaggia: viveva nel capannone «del pesce» a Spresiano tra le bandiere e una statuetta del Duce

Mercoledì 17 Gennaio 2024 di Valeria Lipparini
Omicidio del Piave. Anica Panfile, arrestato Franco Battaggia: viveva nel capannone «del pesce» a Spresiano tra le bandiere e una statuetta del Duce

SPRESIANO (TREVISO) - Gli investigatori e la Procura avevano posto sotto sequestro casa sua, ad Arcade. E Franco Battaggia si è adattato, trasformando in abitazione il piano superiore del capannone di Spresiano dove viene lavorato il pesce poi venduto nella sua pescheria “El Tiburon che si trova a poca distanza, sempre a Spresiano. Una casa particolare, con colori sgargianti ai muri, un fascione lungo tutto il muro perimetrale rosso, un altro giallo e l’ultimo verde. Sulle finestre due grandi bandiere con il leone di San Marco e, addossato al muro, il busto del duce Mussolini. Era diventata questa la casa di Battaggia nel corso degli ultimi otto mesi. La mattina al lavoro tra cassette di pesce, poi in pescheria e, la sera, nel capannone. In attesa degli sviluppi dell’inchiesta. Ma, ultimamente, il super latitante era pronto a scappare di nuovo. Per non farsi prendere e per non finire ancora in galera. Ecco perchè è stato arrestato ieri pomeriggio. All’interno del capannone i cani che lo accompagnavano sempre. Al suono del campanello, ieri pomeriggio, si sono scatenati. Ma Battaggia ha aperto tranquillo la porta ai carabinieri. Forse, pensava a una notifica di routine.

Invece, gli è stato notificato il fermo. È stato caricato su un’auto dei carabinieri e portato al comando, in via Cornarotta. E poi, espletate le formalità di rito, è stato accompagnato in carcere, al Santa Bona.


I COMMENTI
I dipendenti che lavorano nei capannoni confinanti con quello di Battaggia non si sono accorti di nulla. «La mattina, qui di fianco, iniziano a lavorare presto, ma noi chiudiamo le finestre per non sentire la puzza di pesce - dicono alla ditta “Super Nastri” - lui invece non lo conosciamo». Stesso commento alla Verniciatura trevigiana. «Non fanno rumore, nessun fastidio, ma non sappiamo chi siano i dipendenti e nemmeno il proprietario del capannone». Ad Arcade, invece, dove abitava in una casa con un piccolo scoperto, prima che gli venissero messi i sigilli, lo conoscono un po’ tutti. «L’abbiamo visto venire e prendere la posta. Se ne andava con la corrispondenza in mano. Non si fermava mai a scambiare quattro chiacchiere. Non veniva spesso, lo vedevo una volta ogni tanto» dice il suo dirimpettaio. Il titolare del bar conferma: «Veniva con un’auto bianca, un’utilitaria che aveva preso a noleggio oppure era di un amico. Non era una delle sue auto. Si fermava poco, anche perchè non poteva entrare in casa. Ricordo che una volta era entrato, accompagnato dai carabinieri, e ne era uscito con due borsoni. Probabilmente aveva preso un po’ di indumenti che gli servivano». In pizzeria, che si trova proprio dietro casa di Battaggia, non si fermava mai. Alcuni clienti ricordano: «Lo conoscevamo, sapevamo chi era e anche di cosa era stato accusato».


IN PESCHERIA
Alla pescheria “El Tiburon” le clienti non mancavano. Per tutte aveva un sorriso e, spesso, scontava il pesce che le massaie comperavano per la propria tavola. Ultimamente nelle vetrine della pescheria erano comparse scritte con “Tutto scontato”. “Tutto e metà prezzo”. Che fosse un indizio dell’intenzione di Battaggia di scappare? Negli anni era fuggito in Francia, catturato in Svizzera e scappato dal cellulare a piedi. Nel ‘93 la seconda cattura, in Ecuador, rintracciato dall’Interpol; dieci giorni dopo nuova fuga. Nel ‘94 terza cattura: Battaggia venne bloccato a Guayaquil, in Ecaudor. E ora, probabilmente, era pronto a riprovarci. Ma i carabinieri e la Procura l’hanno fermato.

Ultimo aggiornamento: 10:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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