Il municipio chiude: pignoramento
«Condannato a pagare 12 milioni»

Venerdì 10 Giugno 2016 di Giuseppe Pietrobelli
Il municipio di Farra
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I primi ad accorgersene sono stati 40  nonnini del paese, che vivono da soli e non hanno più ricevuto il pasto a casa, oltre all'assistenza domiciliare. Poi è stata la volta della mensa della scuola materna, fermata per impossibilità di pagare i fornitori. Idem per il pulmino scolastico, fortunatamente ormai alla fine dell'anno di lezioni. Annullata la gara ciclistica di Col San Martino prevista per metà luglio. A ruota è venuta la chiusura del centro comunale di raccolta dei rifiuti. A distanza di qualche giorno  dall'arrivo dell'ufficiale giudiziario in municipio, con il pignoramento di tutti i soldi del Comune, i cittadini di questo dolce paesino ai piedi delle colline trevigiane del prosecco cominciano a capire che cos'è l'inizio della fine. Il sindaco non può spendere un euro, i dipendenti tremano per i loro stipendi a venire, opere pubbliche al palo, associazioni senza finanziamenti, spese correnti prive di copertura. Almeno fino al 20 giugno quando il Tribunale di Treviso dovrà stabilire quali sono le risorse non pignorabili, in quanto necessarie per consentire il funzionamento - almeno al minimo vitale - di un'amministrazione pubblica.

Il Comune rischia di diventare una scatola vuota, Farra di Soligo una comunità fantasma. È per questo che il sindaco Giuseppe Nardi, leghista a capo di una lista civica, ha chiamato tutti in piazza. Una grande riunione di famiglia, alla presenza del governatore Luca Zaia, per discutere una situazione di assoluta emergenza.
Ma come si è arrivati a questo punto? È davvero possibile che un Comune possa chiudere non tanto per debiti, ma per un unico, enorme "buco nero" - effetto di una sentenza - pronto ad ingoiarlo? Storia vecchia di vent'anni, da quando l'amministrazione espropriò 19 proprietà a Col San Martino e altrettante a Soligo per realizzare due aree produttive. Gli espropriati ricorsero alla magistratura, ma si sa come sono i tempi della giustizia. L'epilogo in corte d'Appello a Venezia è arrivato due anni fa, con sentenza di condanna del Comune che deve rimborsare (tra interessi e rivalutazioni) all'incirca 12 milioni di euro, 4,5 dei quali per il solo Pip di Col San Martino. Ed è questo il primo nodo venuto al pettine, con una prova di forza da parte degli espropriati e dei loro eredi. Vogliono quanto spetta loro, una somma mostruosa per un Comune di novemila anime, che però sarebbero tenute a pagare 45 aziende (i lottizzanti), che a suo tempo comperarono i terreni dall'amministrazione pubblica e vi costruirono imprese produttive. All'epoca ci furono anche fidejussioni a garanzia di futuri esiti del contenzioso che già allora gravava minaccioso.
Per farla breve, gli espropriati hanno presentato il conto al Comune, il quale potrà anche rivalersi sulle imprese, ma nel frattempo ha ogni risorsa economica bloccata. Negli scorsi mesi è fallita una complessa trattativa tra le parti, che aveva visto un'offerta di circa 8 milioni di euro (40 euro al metro quadro, al posto di 60 euro) per chiudere la partita. Somma considerata insufficiente. La realtà, da qualsiasi parte la si guardi, è drammatica. «Soltanto se gli espropriati e i lottizzanti torneranno a sedersi attorno a un tavolo c'è la speranza di arrivare a una soluzione. - spiega sconsolato il sindaco - Non è più una questione di partiti, ma di sopravvivenza di una comunità». Il paradosso è che la colpa non è di nessuno, visto che gli errori affondano in tempi lontani. Ma il diritto, sancito da una sentenza (la Cassazione è in calendario il prossimo ottobre), non può essere discusso. È titolo che può andare all'incasso.
Da uomo pratico qual è, il sindaco calcola che se anche gli espropriati riuscissero a incamerare qualcosa, impiegherebbero più di trent'anni per rientrare in possesso dei soldi. «La somma non pignorabile nel nostro magro bilancio può arrivare a 500mila euro l'anno. Il che significherebbe non fare un'opera pubblica e non finanziare nulla al di là dell'amministrazione corrente. Capisce che servirebbero 25 anni per onorare la sentenza». In realtà sono molti di più, perchè gli interessi e le spese per gli avvocati continuerebbero a crescere. C'è il rischio che quella mezza milionata serva solo a pagare poco più degli interessi. Una storia infinita, cominciata male, ma che rischia di finire ancora peggio.
«È una situazione imbarazzante e inaccettabile. È vero che le sentenze non si commentano, ma questo è un paese che non funziona se si arriva al punto di vedere un Comune chiudere un asilo, togliere ogni servizio sociale e non poter pagare i propri dipendenti» ha detto il governatore Luca Zaia. Anche perchè, ha aggiunto, «a quell'epoca nessuno si è arricchito, il sindaco ha cercato solo un'occasione di sviluppo per il paese. Sono salito fino a Farra di Soligo per protestare con i cittadini e per dire loro che siamo pronti a fare fare quadrato assieme».

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Ultimo aggiornamento: 11 Giugno, 09:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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