ROVIGO - Il Polesine si spopola anche dal punto di vista imprenditoriale. Al calo demografico in atto si accompagna, infatti, anche la contrazione delle attività, a cominciare dal commercio. I dati sulla demografia d’impresa del terzo trimestre del 2023, diffusi dalla Camera di commercio di Venezia e Rovigo, confermano la tendenza in atto da tempo: a fine settembre si contano 28.223 localizzazioni di imprese attive, 263 in meno, pari a 0,9%, rispetto allo stesso periodo del 2022, e ben 1.171 in meno rispetto alle 29.394 che si contavano nel terzo trimestre del 2019, con una flessione di circa il 4% in un quadriennio.
IL COMMENTO
«Il momento è quello che è e non ci si poteva aspettare di più - commenta Massimo Zanon, presidente della Camera di commercio - preoccupa, invece, lo stato del settore più in sofferenza: quello del commercio. I negozi di prossimità e anche parte dei pubblici esercizi risentono di almeno quattro fattori che oggi, in presenza degli effetti dell’inflazione, giungono al massimo della maturazione: l’onda lunga delle liberalizzazioni che ha generato imprese meno strutturate; l’aumento incontrollato delle superfici della Grande distribuzione organizzata; le trasformazioni indotte dalla pandemia; l’aumento non comprimibile e inaspettato delle bollette».
Questo provoca, aggiunge, «la significativa desertificazione delle periferie di tutti i comuni. Molte di queste aziende sono arrivate alla pensione e i titolari, dopo aver tentato di sopravvivere, decidono, a cuore tutt’altro che leggero, di fermarsi e abbandonare».
Con perdita di servizi essenziali per cittadini, tendenzialmente sempre più anziani, in montagna come «in pianura nelle periferie più lontane dai capoluoghi e meno abitate nelle quali - nota ancora Zanon - comincia a non esserci più neanche un’insegna.
I NUMERI
Nel dettaglio, il confronto su base annuale vede in Polesine un calo netto proprio per il commercio, con 109 unità in meno, 1,8%, con Rovigo che perde ben 29 realtà, 1,6%, Occhiobello 16 che significano però un meno 5,1%, Taglio di Po 11 pari al meno 4,9%, e Porto Viro 11, con un meno 2,5%. In calo anche le imprese agricole, con 107 attività in meno, 1,5%, le imprese di costruzioni, 55 in meno pari al calo di 1,7%, i trasporti con 32 realtà in meno, ovvero il 3,6%, le attività manifatturiere che calano di 20 unità, 0,7%, i servizi di informazione e comunicazione, che con 19 imprese perse cala del 4,2%, ma anche attività di alloggio e ristorazione e le attività finanziarie e assicurative, con flessioni rispettivamente di 16 aziende e il meno 0,8% e di sei aziende pari al meno 0,9%. Guardando alle tipologie di impresa, continua il trend negativo per le realtà artigiane che calano del 2% rispetto al settembre 2022, perdendo 114 unità, ma ben 1.385 sul 2014, pari a un crollo del 19,9%.
Nel raffronto con i dati del terzo trimestre 2022, alcuni settori mostrano invece una crescita, seppur lieve, come quello delle attività professionali, scientifiche e tecniche con 29 unità in più, 3,1%, il comparto altri servizi con 23 imprese in più, 0,9%, le attività immobiliari 16 in più con una crescita di 1,6%, ma leggeri incrementi si registrano anche nel settore istruzione, nei servizi di fornitura acqua e reti fognarie, in sanità e assistenza sociale e nelle attività artistiche, sportive e di intrattenimento. Troppo poco, però, per parlare di vitalità. Questa viene mostrata dalle imprese a conduzione straniera, che salgono dalle 2.201 di giugno alle 2.243 di settembre, più 1,9%, con una crescita rispetto al settembre 2022 di 70 unità, pari al 3,2% di crescita su base annua e un più 8,2% rispetto al 2014. Le imprese giovanili calano di 10 unità sul 2022, meno 0,6%, e di 794 sul 2014, addirittura un terzo in meno, meno 33%. Nell’ultimo anno si sono perse anche 54 imprese femminili, meno 1%, ma sono ben 632 in meno rispetto al 2014, il 10,3%. La speranza, ora, è la Zls.