Pordenone. Nozze combinate, pakistano condannato. I giudici: «Doveva sapere che qui da noi è reato»

Il caso di uno straniero giudicato per violenze domestiche. Il Tribunale: è nato e cresciuto in Italia, lui poteva ribellarsi

Sabato 9 Dicembre 2023 di C.A.
Una giovane pakistana il giorno del suo matrimonio

PORDENONE - Un matrimonio combinato dalle famiglie, una giovane donna pakistana che cerca di opporsi in tutti modi, ma che non può andare contro i volere dei genitori. Una condizione di assoggettamento, la sua, che il Tribunale di Pordenone ha incanalato nell'alveo dei maltrattamenti in famiglia, perché il marito, nato e cresciuto in Italia, avrebbe avuto la possibilità di sottrarsi alla decisione dei genitori, ma non lo ha fatto.

La vicenda è emersa nel corso di un procedimento penale per violenze domestiche trattato dalla Procura di Pordenone. Il marito è stato processato con rito abbreviato e condannato a un anno e sei mesi di reclusione: avrà la condizionale se si sottoporrà ai corsi previsti per i mariti violenti. Ma il messaggio che emerge leggendo le motivazioni della sentenza è che accettare di imporre a una donna la propria presenza in famiglia costituisce una predisposizione a far subire passivamente alla propria partner la convivenza con un uomo che non le hanno permesso di scegliere liberamente.

LA SENTENZA

Così si è espresso il collegio presieduto dal giudice Alberto Rossi. I giudici hanno riconosciuto i maltrattamenti fisici e psicologici patiti dalla vittima tra le mura domestiche, ma poi sono andati oltre. Hanno ritenuto che l'imputato, nato e cresciuto in Italia, sapeva che il nostro ordinamento considera illegittimi i matrimoni combinati contro il volere degli sposi. Se lei in Pakistan non poteva opporsi ai genitori per ragioni culturali, lui sì, avrebbe dovuto ribellarsi e non costringere la futura moglie a sposare un uomo che non aveva scelto.

IL MATRIMONIO

Le nozze sono state combinate nel 2020. Lei è arrivata in Italia senza conoscere una parola di italiano. Sin dall'inizio la vita coniugale è stata segnata da maltrattamenti fisici e psicologici. Una vessazione sistematica, come ha riconosciuto il Tribunale, caratterizzata da un controllo psicologico e da una subordinazione «quasi padronale» a cui era costretta la giovane moglie assoggettata al volere di famiglie e marito. Una convivenza difficile, tanto che a un certo punto l'uomo ha avviato le procedure per il divorzio in Pakistan, poi interrotte. Se fosse tornata nel Paese d'origine, lei avrebbe subito il disprezzo della comunità.

LA RICONCILIAZIONE

La vicenda è emersa dopo che la sposa si è rivolta ai Carabinieri. Gli accertamenti hanno confermato che i maltrattamenti erano abituali e in un paio di casi, attraverso le telecamere, sono state documentate anche le violenze fisiche. Come è finito il matrimonio? Il procedimento penale ha riavvicinato la coppia. Marito e moglie si sono riconciliati e sono diventati genitori, ma questo non ha cancellato, dal punto di vista giudiziario, il passato.

Ultimo aggiornamento: 11:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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