PADOVA - I padovani sono sempre più anziani e una delle principali conseguenze di questo fenomeno è l’effetto sul mercato del lavoro. In meno di vent’anni, da qui al 2041, si rischiano di perdere 100mila lavoratori, metà dei quali già nei prossimi tre anni. Un’emorragia che andrebbe a pesare su molteplici aspetti. Sulla spesa pensionistica in primis, che inevitabilmente aumenterebbe: il che significa più pensioni (da pagare) che stipendi (da cui trattenere i contributi). Ma anche sulla capacità di reperire manodopera, che è già una criticità ormai cronica. E pure sul passaggio generazionale, ossia sulla capacità di tramandare le aziende ai giovani senza perdere il bagaglio d’esperienza. A tracciare il quadro è Fabbrica Padova, il centro studi di Confapi (Confederazione italiana della piccola e media industria privata) che lancia l’allarme e chiede interventi immediati.
Sempre meno lavoratori, sempre più pensionati
Innanzitutto la provincia di Padova segue il trend italiano – e di tutti i 27 Paesi dell’Unione europea – che vede l’età media della popolazione alzarsi sempre più. In Italia l’età media (48,3 anni) è la più alta in Ue e si prevede che salirà a 51,6 anni nel 2050, con 5 milioni di persone in meno (al netto di un saldo positivo dei flussi migratori). Un’accelerata di tale fenomeno si percepirà tra il 2021 e il 2041, con un calo del 18,5% dei giovani fino a 24 anni e un -16,7% della popolazione adulta (25-64 anni) a fronte di un +27,8% di persone tra 65 e 69 anni. Persone che, con le norme attuali, continueranno a lavorare, divenendo una fetta ancor più ingente del popolo dei lavoratori, a scapito di competenze sempre più richieste come quelle digitali. In altre parole ci saranno sempre meno lavoratori e quelli disponibili saranno sempre più vecchi. A Padova oggi la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) conta 594.889 persone, il 63,9% del totale.
Le conseguenze
Un quadro tutt’altro che rassicurante già di per sè, ma che diventa ancor più tetro andando a guardare gli effetti diretti sul mondo lavorativo nel suo complesso e di conseguenza sul sistema sociale. Gli ambiti investiti dal fenomeno, che Confapi ha analizzato, sono molti: dalla manodopera al sistema pensionistico e previdenziale, dall’immigrazione al tasso di occupazione femminile. Il primo riflesso negativo di una popolazione lavorativa sempre più esigua e più anziana si ha in tema di pensioni. Diventerebbe infatti assai difficile far quadrare i conti pubblici se gli stipendi diventassero meno delle pensioni da erogare. Un rischio concreto, dimostrato già oggi dal confronto tra il numero degli occupati e quello dei pensionati. In Italia i primi sono 23 milioni e i secondi 22,8 milioni: in pratica siamo già a un rapporto 1:1 (peraltro già ribaltato in alcune regioni). A Padova va un po’ meglio, con 413mila occupati e 339mila pensionati (dato 2022). Non c’è però da cantare vittoria, specie se si guarda al tema manodopera. Già oggi il 57,6% delle aziende padovane dice di non riuscire a trovare le figure professionali necessarie, soprattutto quelle altamente specializzate. Una difficoltà trasversale a moltissimi settori, dalla manifattura all’informatica, che con una popolazione lavoratrice sempre più vecchia non potrebbe che acuirsi. Altro problema che si prospetta all’orizzonte è quello del ricambio generazionale: in Veneto si stima che tre imprese su quattro siano a conduzione familiare ma solo una su dieci gestita da un titolare con meno di 50 anni. E infine resta pure il pesante divario di genere. Nel mondo del lavoro ci sono sempre più donne, sì. Ma a Padova il tasso di occupazione parla chiaro: le donne che lavorano sono il 14,2% in meno degli uomini.