"Oltre le Vette", Barmasse affascina Belluno: «Voglio scalare il Burel, fu difficile anche per Messner»

Martedì 17 Ottobre 2023 di Daniela De Donà
Il selfie di Hervé Barmasse al teatro comunale di Belluno, pubblicato sul suo profilo Instagram

BELLUNO «La grande bellezza di questa terra bellunese sta nel fatto che le montagne sono vicine al mare». Hervé Barmasse sorseggia una birra in un locale del centro. Manca più di mezz’ora alla serata clou, organizzata domenica dal Cai di Belluno, che chiude la rassegna Oltre le Vette. «E dopo vorrei mangiare pastin, so che è un piatto interessante della zona». Da ogni luogo – ne ha visti tanti in Italia, Patagonia o Pakistan – Barmasse si porta via ciò che li caratterizza. «Ogni valle di montagna ha usanze proprie, accenti diversi. Ed è anche questa diversità, in pochi chilometri, che la rende unica». Quindi un desiderio che diventa obiettivo per l’alpinista: «L’Agner è come il Cervino, ha un fascino incredibile, ma io vorrei scalare il Burel, la vera montagna di qui». Una parete che pochissimi hanno affrontato e che lo stesso Messner aveva vinto a fatica.

Barmasse va poi al ricordo di una giornata speciale trascorsa in Ampezzo, con la concatenazione, in 11 ore, di tre vie: in Tofana, a Punta Fiames e sui Lastoni di Formin. La conversazione va sui rapporti personali: «Conosco Soro Dorotei, avremmo dovuto andare in spedizione insieme, alla nord del Gasherbrum I». Hervè Barmasse ha due figlie, Lucie di 6 anni e Amelie di 4: «Essere papà? È il momento in cui si dimostra di aver accumulato un po’ di saggezza». Ma è tempo di andare, accompagnato dal vicepresidente del Cai, Alberto Gris.

“OLTRE L’ORIZZONTE”
Il Teatro Comunale è strapieno e, fuori, una quarantina di persone aspettano (invano) di poter entrare. Parte il coro Cai con un canto (valdostano come Hervè), “Belle Rose”. «In onore dell’ospite - sono le parole del presidente Cai, Paolo Barp – Hervè è persona meravigliosa, di grande umanità e con il senso del limite». Barmasse chiede il permesso di un selfie con il pubblico («i protagonisti siete voi»). Quindi il via alla storia personale - narrata attraverso le immagini proiettate – in cui prevalgono i momenti di difficoltà rispetto alle vette conquistate: «Perché i primati vanno e vengono, ciò che rimane di una spedizione sono emozioni e aneddoti». Si comincia dall’incidente (sugli sci contro un palo di ferro) che, a 16 anni, gli fracassa le ossa e gli toglie il sogno di andare alle Olimpiadi da gigantista («smisi di sorridere»). Il recupero grazie alla prima salita sul Cervino con papà, il nonno materno, agricoltore piemontese, che gli dice che fare l’alpinista non è un lavoro («ma quanto sono fortunato ad aver fatto della passione il mestiere?»). Sul tema della montagna pericolosa non ha dubbi: «Certi rischi sono oggettivi, si rischia, ma si comprende il valore della vita». Come quando, a 3 metri dalla cima (ma ne aveva saliti 2700 prima) del Shisha Pangma tornò indietro per una cornice di neve preoccupante: «La rinuncia non è un fallimento, il coraggio è accettare i propri limiti». Passa sullo schermo, infine, un’esperienza particolare: aver creato in Pakistan i primi corsi di una scuola di alpinismo per le ragazze.

LA SCHEDA
Hervè Barmasse, classe 1977, originario di Valtournenche e figlio d’arte, inizia la sua carriera di alpinista con solitarie sul Cervino, apre nuove vie in Pakistan, sul Cerro Torre in Patagonia, ma anche sul Monte Rosa, Monte Bianco e Cervino. Nel 2017 arriva, in 13 ore, in cima allo Shisha Pangma (8027 metri), senza corde e senza campi preallestiti. Innumerevoli i premi ricevuti come alpinista, ma grandi soddisfazioni anche in veste di regista, produttore, interprete di documentari.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci