BELLUNO - È tornata la lontra nel Veneto. Dopo sessant'anni. A certificarlo sono i suoi escrementi. L'unico segnale, per il momento. Ma inequivocabile: testimone di un pasto a base di trota fario. La deiezione è stata raccolta il 17 novembre in Val Digon, sotto un ponte che attraversa l'omonimo torrente, in Alto Comelico. L'annuncio non è da poco, visto che la specie, a livello italiano, è inserita nella lista rossa, che significa minacciata di estinzione. Ora si proverà a capirne di più posizionando nell'area alcune fototrappole.
Ma i ricercatori non si fanno illusioni: è un sistema che non dà grandi risultati perchè la lontra europea (diversa da quella marina, giocherellona, che si vede negli acquari) non si fa vedere.
LO SCOOP
A dare la notizia del ritorno nei confini regionali di questa specie rara sono tre studiosi di fauna in montagna: due bellunesi dottori forestali, Michele Cassol e Gabriele De Nadai, e un friulano, Luca Lapini, conservatore di una sezione del Museo Friulano di Storia naturale. Sono loro ad aver messo insieme i pezzi del puzzle: c'erano state informazioni sulla presenza del mustelide datati 2008 in Alto Adige e, del 2011, in Friuli. E si sapeva che la lontra si era fatta viva, nel 2019, tra Forni Avoltri e Sappada. I tre sono, quindi, andati a caccia del cosiddetto sprain, la deiezione che fa da marcatore. Hanno cercato sotto una serie di ponti, seguendo un metodo di ricerca standard messo a punto in Inghilterra e adattato, con variante, alle Alpi: sopralluoghi che hanno portato al risultato: «A differenza di quello di altre specie, l'escremento di lontra è avvolto in un gel, per cui si conserva. Ed è diagnostico hanno precisato Michele Cassol e Gabriele De Nadai ora c'è da capire se si tratta di un soggetto isolato, di passaggio o stanziale». Sta di fatto che la specie è rara.
LA RICOSTRUZIONE
Vi sono documenti che ne citano la presenza nella zona bassa dell'Alpago, a Paludi, ma sono del 1800. Certo pare scomparsa da almeno 60 anni. La causa? A detta degli esperti: cambiamenti dell'habitat e presenza di sostanze clorurate che hanno indotto nei maschi un calo di fertilità. La nostra lontra bellunese, che non è mai stata ancora avvistata, probabilmente arriva dall'Austria. In realtà la Val Digon, in Comelico, non è una zona ideale per l'insediamento, anche se può adattarsi: «L'ambiente che preferisce è rappresentato, infatti, dai fiumi di pianura, con alveo più ampio. E con maggiori risorse, come il cibo più abbondante». Ora, con la collaborazione dell'Ente Provincia, verranno controllati altri corsi d'acqua della zona: oltre al Digon, il torrente Padola e il fiume Piave. Sempre osservando sotto ai ponti, alla ricerca di indizi, perchè il ponte fornisce un riparo. «La tempesta Vaia aveva distrutto il 94% della popolazione ittica, ora la stiamo ricostruendo e la lontra ci dice che siamo a buon punto», è venuta la precisazione di Ferdinando Gant, presidente del Bacino di pesca 1 Comelico-Alto Piave. Non ha nascosto l'entusiasmo Franco De Bon, a Belluno consigliere provinciale con delega alla gestione faunistica: «La lontra è tornata con le sue zampe a ripopolare i corsi d'acqua, evidenziando la qualità dell'ambiente. Dimostra che le misure adottate nella gestione sia dei corsi d'acqua è stata corretta». Ieri a seguire con interesse la vicenda è stata anche la Regione Veneto con Pietro Salvadori della direzione agroambiente, con la presenza in video durante l'incontro informativo a Palazzo Piloni, sede della Provincia di Belluno. Oltre all'orso, al lupo, allo sciacallo dorato, alla lince, alla puzzola e al gatto selvatico, ora è la lontra a fare capolino. Non vista, non fotografata, ma benvenuta in terra veneta.