Caro Direttore,
per quanto io abbia girato per tutta l' Italia dal 1970 al 1999 non mi sono mai accorto che ci fossero razze radicate di neri, asiatici o di altre parti. Che ci fosse una serpeggiante invasione islamista questo si. Ora se vogliamo essere realisti e non nasconderci dietro il dito vediamo che l'Italia, paese dalle molte etnie di razza indoeuropea, non possiede o possedeva razze diverse. Che noi avessimo avuto influenze di altri popoli è innegabile, si vede dai tratti somatici. Ora un Solone che neghi che gli italiani siano espressione di una razza, perché le razze non esistono, mi sembra o un ignorante, nel senso che sia poco istruito, o sia in voluta malafede e di quello che scrivo me ne assumo tutte le responsabilità. Ognuno può esprimere le proprie idee ma l'ignoranza non è ammissibile. I miei avi erano lombardi, bisiachi, sloveni, istro veneti e croati. Queste sono etnie e non razze. Vogliamo cambiare le razze? Aspettiamo i marziani poi potremmo riparlarne.
Dario Verdelli
Caro lettore,
forse invece di dividerci o dibattere di tratti somatici o di razze, dovremmo prendere atto che siamo diventati un paese multietnico e che lo saremo sempre di più. È una trasformazione, un’evoluzione (probabilmente un'involuzione per qualcuno) naturale, che ha investito, seppur in modo e tempi diversi, tutti i paesi europei ed occidentali. Non è il risultato di un disegno, ma dei cambiamenti politici, economici e climatici che hanno trasformato il mondo e che ne ha modificato profondamente gli equilibri, coinvolgendo ogni ambito, sociale, civile e religioso, delle nostre comunità. Come tutti i cambiamenti genera difficoltà, problemi, resistenze e prevede anche prezzi da pagare. Ma una società e una classe dirigente matura invece di discettare sui tratti somatici di un’atleta o di un’altra o di discutere sull'esistenza o meno delle razze (dibattito che la scienza ha chiuso da qualche decennio) dovrebbe porsi il problema di come gestire ed accompagnare questo fenomeno. Per fare in modo che i costi non si scarichino sulle fasce della società più indifese culturalmente ed economicamente. Per evitare che la multi etnicità venga confusa o si trasformi nella cancellazione dell'identità culturale e religiosa di un popolo e di una nazione. Per fissare e far rispettare con chiarezza e con rigore non solo i diritti ma anche i doveri di chi, provenendo da altri mondi, sceglie di vivere nel nostro Paese. Il resto sono divagazioni. Utili ad animare talk show televisivi, a far venderei magari libri, ad alimentare dibattiti e discussioni da dopo cena. Ma governare i processi e il cambiamento è un'altra cosa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA per quanto io abbia girato per tutta l' Italia dal 1970 al 1999 non mi sono mai accorto che ci fossero razze radicate di neri, asiatici o di altre parti. Che ci fosse una serpeggiante invasione islamista questo si. Ora se vogliamo essere realisti e non nasconderci dietro il dito vediamo che l'Italia, paese dalle molte etnie di razza indoeuropea, non possiede o possedeva razze diverse. Che noi avessimo avuto influenze di altri popoli è innegabile, si vede dai tratti somatici. Ora un Solone che neghi che gli italiani siano espressione di una razza, perché le razze non esistono, mi sembra o un ignorante, nel senso che sia poco istruito, o sia in voluta malafede e di quello che scrivo me ne assumo tutte le responsabilità. Ognuno può esprimere le proprie idee ma l'ignoranza non è ammissibile. I miei avi erano lombardi, bisiachi, sloveni, istro veneti e croati. Queste sono etnie e non razze. Vogliamo cambiare le razze? Aspettiamo i marziani poi potremmo riparlarne.
Dario Verdelli
Caro lettore,
forse invece di dividerci o dibattere di tratti somatici o di razze, dovremmo prendere atto che siamo diventati un paese multietnico e che lo saremo sempre di più. È una trasformazione, un’evoluzione (probabilmente un'involuzione per qualcuno) naturale, che ha investito, seppur in modo e tempi diversi, tutti i paesi europei ed occidentali. Non è il risultato di un disegno, ma dei cambiamenti politici, economici e climatici che hanno trasformato il mondo e che ne ha modificato profondamente gli equilibri, coinvolgendo ogni ambito, sociale, civile e religioso, delle nostre comunità. Come tutti i cambiamenti genera difficoltà, problemi, resistenze e prevede anche prezzi da pagare. Ma una società e una classe dirigente matura invece di discettare sui tratti somatici di un’atleta o di un’altra o di discutere sull'esistenza o meno delle razze (dibattito che la scienza ha chiuso da qualche decennio) dovrebbe porsi il problema di come gestire ed accompagnare questo fenomeno. Per fare in modo che i costi non si scarichino sulle fasce della società più indifese culturalmente ed economicamente. Per evitare che la multi etnicità venga confusa o si trasformi nella cancellazione dell'identità culturale e religiosa di un popolo e di una nazione. Per fissare e far rispettare con chiarezza e con rigore non solo i diritti ma anche i doveri di chi, provenendo da altri mondi, sceglie di vivere nel nostro Paese. Il resto sono divagazioni. Utili ad animare talk show televisivi, a far venderei magari libri, ad alimentare dibattiti e discussioni da dopo cena. Ma governare i processi e il cambiamento è un'altra cosa.