Gianni Guido, cosa fa oggi e dove vive il mostro del Circeo. La laurea in Lettere in carcere

Mercoledì 15 Novembre 2023
Chi è Gianni Guido, il mostro del Circeo che fece una pausa dalle torture per cenare con i genitori. Poi la fuga a Panama e la libertà

Gianni Guido nel '75, anno del massacro del Circeo, era appena diciannovenne e aspirava a diventare architetto. Come i suoi due amici, Angelo Izzo e Andrea Ghira, Gianni apparteneva alla cosiddetta "Roma bene" e viveva con i suoi genitori nel quartiere Trieste.

Dei tre assassini e seviziatori, Guido è l'unico che è riuscito ad ottenere la libertà nel 2009, dopo un'attenuazione di pena dall'ergastolo a 30 anni, per l'omicidio di Maria Rosaria Lopez (19 anni) e lo stupro e le sevizie inferte a Donatella Colasanti, 17 anni, che sopravvisse alle violenze e raccontò i dettagli agghiaccianti di quelle 36 ore di torture subite all'interno della villa del Circeo, di proprietà di Andrea Ghira. 

Tra i racconti fatti da Donatella, la disumanità che i tre ragazzi mostratono durante le violenze ha lasciato a bocca aperta milioni di italiani. Degli episodi più agghiaccianti, uno riguarda proprio Gianni Guido. «Ragazzi, vado a casa e torno...» Accadde anche questo, nel mezzo delle torture: Guido lasciò momentaneamente la villa al mare e tornò a cena dai genitori per non farli preoccupare.

Uscì dalla villa, dove aveva appena finito di violentare e picchiare le due giovani, tornò a Roma, cenò con il padre e la madre - mostrandosi come il figlio responsabile che tutti vorrebbero avere - e in tarda serata tornò al Circeo.

Gianni Guido, biografia

Figlio di Raffaele Guido, un alto funzionario della Banca Nazionale del Lavoro, e di Maria Pia Ciampa, Gianni Guido viveva coi genitori in via Capodistria, nel quartiere Trieste. Era uno studente di architettura, e prima del massacro del Circeo, frequentava Angelo Izzo e Andrea Ghira. Erano tre giovani simpatizzanti del fascismo e della gesta dei marsigliesi. «Eravamo guerrieri, quindi stupravamo, rapinavamo, rubavamo. Questa era la mentalità che ci univa», dirà Izzo durante il processo.

La fuga dal carcere di San Gimignano

Dopo il ritrovamento di Donatella Colasanti, ancora viva, progioniera nel bagagliaio dell'auto con la quale erano tornati a Roma dal Corceo, l'arresto di Angelo Izzo e Gianni Guido avvenne già nella notte, mentre Andrea Ghira riuscì a fuggire.

Il 29 luglio 1976 la Corte d’assise di Roma condannò tutti all'ergastolo: Gianni Guido e Angelo Izzo presenti in aula, Andrea Ghira in contumacia. 

Dopo il processo e la condanna all'ergastolo, il 21 gennaio 1981 Gianni Guido riuscì ad evadere dal carcere di San Gimignano. La fuga fu semplice: Guido era stato impiegato per svolgere lavori di pulizia in portineria e quel giorno colpì con un posacenere l'agente di custodia mentre stava pulendo le scale della porta d'ingresso.

Aperto il cancello, scappò all'esterno del carcere dove si fece dare un passaggio in auto da un ignaro cittadino che poi rese successiva testimonianza ai carabinieri. Per quella fuga furono accusati di complicità sei persone: il padre e la madre di Guido, l'agente di custodia Mario Guazzini, l' ex direttore del carcere Luigi Morsello e il maresciallo delle guardie carcerarie Francesco Pilloni. Gianni Guido è stato condannato in prima istanza a quattro anni di reclusione, i genitori sono stati assolti, l'ex direttore e Pilloni sono stati amnistiati. L'unico a subire una condanna oltre a Guido è stato l'agente di custodia che ha avuto otto mesi di reclusione.

Il falso nome e la vita sotto copertura a Buenos Aires

Guido si rifugiò a Buenos Aires, dove prese a fare il commerciante d'auto con il falso nome di Andrea Mariani. Accusato di possesso di documenti falsi venne però riconosciuto e arrestato su mandato dell'Interpol. In attesa dell'estradizione, tenta di nuovo di fuggire dal carcere "Villa Devoto" ma viene bloccato immediatamente. Tuttavia, nell'aprile del 1985 riuse di nuovo a scappare, questa volta dall'ospedale “Manuel Rocco” di Buenos Aires, dove era ricoverato per le percosse subite dai secondini durante il tentativo di evasione.

La (seconda) cattura

Nel 1994 fu intercettato a La Chorrera, una località a 30 km dalla Città di Panama, dove aveva ricominciato a vivere con un secondo nome falso (Daniel Ibrahim Laurian) e un passaporto libanese. Fu catturato e estradato in Italia. Secondo quanto riportato dalle cronache dell'epoca, Guido si presentava claudicante, probabilmente a seguito di danni alla gamba destra nel corso dell'evasione dall'Argentina. A Panama aveva sposato una donna dominicana, Dora Matos, dalla quale stava divorziando, e stava per avviare un allevamento di polli.

La libertà di Guido e le polemiche della famiglia delle vittime

Dopo 14 anni passati nel carcere di Rebibbia, l'11 aprile del 2008 Gianni Guido è stato affidato ai servizi sociali. Ha finito di scontare definitivamente la pena il 25 agosto 2009, grazie ad uno sconto di pena di 8 anni per indulto. 
Letizia Lopez, la sorella di Rosaria, si scagliò duramente contro questa decisione, ricordando delle sue fughe, dei lunghi periodi di latitanza nonché l'assenza di segni di pentimento per l'omicidio della sorella

Cosa fa oggi Gianni Guido

Durante il carcere Gianni Guido conseguì la laurea in Lingue e Letterature Straniere e, secondo alcune indiscrezioni, una volta libero avrebbe iniziato a lavorare come traduttore di opere. Altre informazioni sulla sua vita attuale sono molto incerte, ma secondo alcuni l’uomo, oggi 67enne, vivrebbe ancora a Roma.

Il massacro del Circeo, 36 ore di sevizie: cosa successe

Nel 1975 Ghira, Izzo e Guido conoscono due ragazze  e decidono di invitarle nella casa al mare di Andrea. le due ragazze in questione sono Rosaria Lopez e Donatella Colasanti e la villa in questione è quella ormai nota del Circeo.

Si erano presentati solo Izzo e Guido, però, iniziando a proporre una tranquilla serata al cinema. Poi la controproposta: «Che dite, ragazze, se invece del cinema andiamo a una festa a Lavinio? È più divertente...». Donatella e Rosaria avevano accettato, non avevano motivi di sospettare due ragazzi apparentemente simpatici e a modo. La località di Lavinio, ben più vicina a Roma del Circeo, era stata nominata dai due per rassicurare le ragazze. Durante il viaggio in auto, Izzo si fermò per telefonare al telefono fisso della villa del Circeo - di proprietà di Ghira -  per accertarsi che fosse vuota. Poi la telefonata allo stesso Ghira, per dargli il via libera, annunciare il loro imminente arrivo e sollecitarlo a venire (in auto con le ragazze erano partiti da Roma solo Izzo e Guido).

Dopo un'ora di macchina l'incubo si materializzò per le giovani Rosaria e Donatella. Sarà proprio quest'ultima, durante il processo, a spiegare come iniziò l'assalto: «I due si svelano subito e ci chiedono di fare l’amore, rifiutiamo, insistono e ci promettono un milione ciascuna. Rifiutiamo di nuovo. A questo punto Guido tira fuori una pistola e dice: ‘Siamo della banda dei Marsigliesi, quindi vi conviene obbedire, quando arriverà Jacques Berenguer non avrete scampo, lui è un duro, è quello che ha rapito il gioielliere Bulgari’. Capiamo di essere in trappola e scoppiamo a piangere…»

Rosaria non tornerà mai piu' da quei giorni fuori, Donatella invece si salverà fingendosi morta e verrà ritrovata in fin di vita nel bagagliaio dell'automobile, una Fiat 127 bianca, parcheggiata in via Pola, accanto al cadavere dell'amica. 

Ultimo aggiornamento: 17 Novembre, 17:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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