I complotti del Sinodo: ultima frontiera la salute del Papa

Mercoledì 21 Ottobre 2015 di Franca Giansoldati
I complotti del Sinodo: ultima frontiera la salute del Papa
CITTA' DEL VATICANO - Nella notte è arrivata la smentita. Il Papa sta bene. Soffre solo di sciatica, come del resto si può vedere ogni tanto, quando cammina zoppicando leggermente. Ma non è mai stato in elicottero a Pisa per sottoporsi a una tac. “Non ha nessun tumore al cervello”. Proprio alcuni giorni fa sono stati definiti i viaggi per l'anno prossimo: trasferte talmente lunghe e impegnative che si possono fare solo se si è in perfette condizioni fisiche.



La voce (smentita) relativa a presunti problemi neurologici di Francesco è circolata in concomitanza alla conclusione del Sinodo sulla famiglia, un quasi-concilio che potrebbe introdurre riforme pastorali di una certa evidenza, come le aperture verso i divorziati risposati, un tema ritenuto tabù da una parte degli ultra conservatori. La lotta sotterranea che si sta giocando da tempo è evidente. Così come è evidente che la battaglia si sta trasferendo sempre più in campo mediatico, nell'intento di indebolire la potenza riformatrice del pontefice argentino. Gli attacchi in queste due settimane hanno finito per alterare il clima sinodale, tanto che gli stessi padri sinodali, a microfono spento, ai giornalisti, ammettono che la pressione che si avverte nei lavori interni, a porte chiuse, è notevole.



Il Sinodo sulla famiglia per certi versi si è trasformato nel Sinodo degli complotti. Perché a creare scompiglio in queste due settimane non c’è stato solo il giallo sulla salute papale o il giallo della lettera dei 13 cardinali che messo paletti alle potenziali aperture dell’assemblea insinuando manipolazioni al Sinodo.



C’è stato anche un terzo episodio apparentemente inoffensivo che ha avuto l’effetto di alimentare il clima da intrigo, alimentando altre ombre sull’operato papale. “Il Sinodo è manovrato”. Si tratta del racconto del bambino che nel giorno della sua prima comunione, non potendo condividere l’ostia con i genitori perché divorziati, ha spezzato in tre la particola dandola alla sua mamma e al suo papà.



Un fatto realmente accaduto capace di sprigionare talmente tanta potenza emotiva, da dimostrare a tutti i padri sinodali quanto effettivamente la situazione dei divorziati sia realmente dolorosa e pesante, e quanto l’esclusione all’eucarestia sia capace di produrre fratture e traumi difficilmente comprensibili agli occhi dei bambini. Quel racconto avrebbe toccato i padri sinodali al punto da spostare la percentuale di coloro che inizialmente si erano detti nettamente contrari alle aperture ai divorziati risposati.



La “svolta” sul tema della comunione ha richiesto un pronto intervento esplicativo su chi avesse raccontato l’episodio in aula, al fine di disinnescare il complotto, perché qualcuno nel frattempo si era premurato di fare circolare la voce (falsa) che a rivelare l’episodio ai padri sinodali fosse stato uno dei due parroci italiani invitati straordinariamente da Bergoglio in qualità di esperti. Particolare non indifferente, perché la loro presenza sarebbe servita proprio ad influenzare l’aula con un racconto emotivo. A raccontare l’episodio, invece, è stato un vescovo messicano che vedendo che la bugia iniziava a prendere piede è uscito allo scoperto facendosi intervistare e soffocando così ogni garbuglio.



«Questo bambino ci ha parlato, ci ha mostrato la vita autentica, ha scosso l’assemblea, ci ha arricchito», ha confermato monsignor Enrico Solmi, vescovo di Parma, aggiungendo tuttavia di non ricordarsi nemmeno «un singolo intervento nel quale venga esplicitamente detto che i risposati debbano essere riammessi alla comunione». Il vescovo australiano Coleridge ha ammesso di «non avere idea» di come siano le percentuali di chi è a favore o chi è contro la riammissione alla eucaristia di coppie di divorziati risposati, e se l’ipotesi di un accesso generalizzato sta probabilmente “calando”.



«Un secondo matrimonio solido, con figli educati cristianamente, non è la stessa cosa che una scappatella in hotel», ha affermato ancora il vescovo australiano che apre ad una possibile «via penitenziale» per ammettere i divorziati risposati alla comunione. E ha spiegato: «Questo nuovo nucleo familiare si è assodato, ed ecco che il percorso può essere richiesto. Un percorso prima di tutto di discernimento che parta dall’avvertire di avere sbagliato. Un percorso penitenziale di conversione per chiedere perdono e essere accolti in una via di riconciliazione con la comunità e anche con Dio, anche oltre la mediazione della Chiesa».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci