Anila Grishaj morta sul lavoro a Treviso: indagato il collega che ha azionato per errore il macchinario

L'incidente in fabbrica ripreso dalle telecamere. Faro sui sistemi di prevenzione

Giovedì 16 Novembre 2023 di Paolo Calia
Anila Grishaj morta sul lavoro a Treviso: indagato il collega che ha azionato per errore il macchinario

Un tragico, drammatico, errore umano. È la verità che sta emergendo in queste ore e che spiegherebbe la morte di Anila Grishaj, 26 anni di origine albanese e residente a Miane, nel Trevigiano, dipendente dell'azienda alimentare "Bocon" di Pieve di Soligo, rimasta con la testa incastrata in un macchinario, un "robot" dedicato all'imballaggio dei prodotti surgelati commercializzati dall'azienda.

Un collega di Anila avrebbe inavvertitamente avviato la macchina, in quel momento spenta, senza accorgersi della presenza della ragazza. Il braccio meccanico in movimento l'avrebbe quindi colpita a sorpresa alla base del collo e poi la testa sarebbe finita tra il braccio e il corpo della macchina, provocando lo schiacciamento delle vertebre.

Anila è rimasta così: in piedi, con la testa infilata nel macchinario, senza aver perso una sola goccia di sangue ma col collo spezzato, senza più vita. Il collega, ancora ieri sotto choc, adesso verrà indagato per omicidio colposo. E se dalle verifiche dovesse emergere un difetto anche nelle procedure e nei sistemi di sicurezza, nel registro degli indagati, sempre con l'accusa di omicidio colposo, ci potrebbero finire anche i vertici della "Bocon".

Anila Grishaj, chi era la 26enne morta incastrata in un macchinario: il diploma turistico, l'affetto dei colleghi e la promozione a vicedirettrice

LE INDAGINI

I carabinieri e i tecnici dello Spisal, il servizio per la prevenzione e la sicurezza sui luoghi di lavoro, hanno anche acquisito il video girato dalle telecamere interne. Dal filmato si vedrebbe il momento esatto in cui il macchinario entra in azione e colpisce Anila. La prima ricostruzione evidenzia la tragica fatalità di quanto accaduto. La ragazza, responsabile di linea e vicedirettrice, aveva spento il macchinario forse per un controllo. E mentre era vicina al braccio meccanico il collega, senza averla vista, avrebbe avviato nuovamente l'impianto. Un'eventualità su cui il fascicolo aperto dal pubblico ministero trevigiano Francesca Torri dovrà fare luce. Il macchinario è quindi stato posto sotto sequestro e nei prossimi giorni, con ogni probabilità, verrà disposta anche l'autopsia sul corpo della ragazza.

L'AZIENDA

La "Bocon" intanto ha cancellato tutta una serie di eventi in programma per lanciare e promuovere la propria attività e ieri ha anche sospeso la produzione. I titolari non hanno voluto parlare se non attraverso una nota ufficiale: «Siamo profondamente affranti, addolorati e increduli per il gravissimo lutto che ci ha colpito. Eravamo molto legati ad Anila che era con noi da tempo e che era molto apprezzata per le sue qualità umane e professionali. Sappiamo che il nostro dolore non è nulla rispetto a quello che stanno soffrendo i genitori e le persone a lei più care. Siamo a completa disposizione affinché siano chiarite del tutto le ragioni dell'incidente».

LE REAZIONI

L'eco di quanto accaduto a Pieve di Soligo ha sollevato reazioni in tutta Italia. E smosso la Commissione d'inchiesta del Senato sulla sicurezza dei posti di lavoro che, la prossima settimana, effettuerà un sopralluogo in Veneto e a Treviso. L'obiettivo è effettuare incontri e indagare sui ripetuti incidenti sul lavoro nella regione. Il presidente Tino Magni ha presentato questa proposta all'ufficio di presidenza, dopo che le senatrici del Pd Susanna Camusso, vicepresidente della Commissione, e Cristina Tajani, avevano chiesto l'intervento dell'organismo unendosi alla richiesta partita anche dal segretario regionale veneto dei dem Andrea Martella. «Il sopralluogo - dicono le senatrici - sarà l'occasione per avviare un approfondimento sulla situazione della sicurezza sul lavoro in Veneto».
Intanto ieri mattina la Flai Cgil ha organizzato un presidio di fronte ai cancelli dell'azienda lanciando «un grido d'allarme in particolare per il comparto dell'industria alimentare, dove la cultura della sicurezza troppo spesso si piega alle necessità di produzione, nello specifico alla crescente velocità dei macchinari che abbassa notevolmente la soglia di prevenzione degli infortuni».

IL PRECEDENTE

Una tragedia che per molti aspetti ricorda da vicino quella di Luana D'Orazio, l'operaia ventiduenne di Oste di Montemurlo (in provincia di Prato), madre di un bambino di cinque anni, morta nel maggio di due anni fa, dopo essere stata risucchiata nell'orditoio dell'azienda tessile in cui lavorava. Tanto che ieri la madre di Luana è tornata a chiedere giustizia per la figlia e per tutte le altre vittime di incidenti sul lavoro. «Non sono incidenti ma veri e propri omicidi», ha detto Emma Marrazzo, lanciando l'idea di una raccolta firme per una proposta di legge che introduca il reato di omicidio sul posto di lavoro. «È una vera e propria guerra. Serve sicurezza vera in fabbrica, basta chiacchiere». Il processo sul caso di Luana è stato rinviato a gennaio: l'unico imputato è il manutentore esterno dell'azienda. Mentre gli altri due indagati, la titolare della ditta e il marito, hanno patteggiato due anni di reclusione al termine dell'udienza preliminare.

Ultimo aggiornamento: 17:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA