Bonus tagliati per i dirigenti della Pa per chi ritarda i pagamenti: dopo 30 giorni premi giù fino al 30%

Il rispetto dei tempi entra nei contratti e per chi li sfora premi giù fino a un terzo

Lunedì 8 Gennaio 2024 di Andrea Bassi
Bonus tagliati per i dirigenti della Pa per chi ritarda i pagamenti: dopo 30 giorni premi giù fino al 30%

I dirigenti pubblici che non pagheranno tempestivamente le fatture per beni e servizi acquistati dalle loro amministrazioni, si vedranno decurtati i premi di risultato. E lo stesso vale per i loro superiori, direttori e capi di dipartimento. Sui tempi di pagamento delle fatture da parte della Pubblica amministrazione adesso è vietato sbagliare.

I debiti verso le imprese andranno saldati in 30 giorni (60 nel caso a pagare debba essere un’azienda sanitaria).

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Se il governo non riuscirà ad onorare questo impegno, non solo rischia di non centrare un obiettivo fondamentale del Pnrr e mettere quindi a rischio il versamento dei fondi europei, ma anche di dover pagare una multa salata, calcolata per ogni giorno di mancato rispetto dei tempi. La questione, insomma, è considerata una priorità assoluta. E lo dimostra anche la diffusione nei primissimi giorni dell’anno, di una circolare firmata dal Ragioniere generale dello Stato, Biagio Mazzotta, e dal direttore del Dipartimento della Funzione Pubblica Marcello Fiori.

IL PASSAGGIO

Il provvedimento sottolinea che nei contratti individuali dei dirigenti che si occupano di pagamenti, ma anche in quelli dei loro superiori, quindi in direttori generali e i capi di dipartimento, andranno inseriti degli obiettivi per il rispetto dei tempi di pagamento delle fatture commerciali e che questi obiettivi dovranno essere valutati ai fini del riconoscimento dei premi di risultato.Chi non centra il target, si vedrà tagliato il premio di un minimo del 30 per cento. Gli organi di controllo di regolarità amministrativa, cioè i revisori che sono presenti in ogni amministrazione, dovranno verificare che nel riconoscimento dei bonus ai dirigenti si sia tenuto correttamente conto del rispetto dei tempi di pagamento. E, soprattutto, questi controlli non dovranno essere effettuati a campione, ma dovranno essere «generalizzati». Non si potrà cioè sfuggire alla verifica.

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La ragione di questa stretta draconiana è che i nuovi impegni presi con l’Ue non sono più eludibili. L’Italia si era impegnata a pagare in 30 giorni le fatture (con zero giorni di ritardo), già entro la fine dello scorso anno. Ma non c’era riuscita. Così l’obiettivo inserito nel Pnrr è stato spostato al 2025, ma la prima verifica sarà fatta, secondo gli accordi presi con la Commissione europea, sulle fatture pagate nel 2024, cioè quest’anno. E ad essere saldate in linea con i tempi dovranno essere almeno l’80 per cento di tutte quelle emesse verso le amministrazioni pubbliche. Dato poi destinato a salire al 95 per cento. Su questi obiettivi inoltre, la Commissione europea, svolgerà un controllo puntuale. Ha chiesto e ottenuto che siano messe a disposizione tutte le fatture e i contratti stipulati con i fornitori per verificare che non ci siano clausole illegittime che autorizzino pagamenti più lunghi. Non solo. Dopo una prima condanna per violazione della direttiva europea sui tempi di pagamento, l’Italia è stata di nuovo deferita alla Corte di Giustizia. Una procedura di infrazione cosiddetta di “seconda fase” che porterà direttamente a una multa (che aumenterebbe per ogni giorno di mancato rispetto delle regole Ue), se il Paese sotto accusa non riuscirà a portare delle motivazioni convincenti per disinnescare il procedimento.

GLI ESCAMOTAGE

Per non finire sotto la mannaia delle sanzioni, le amministrazioni dovranno mettere anche fine ad una serie di escamotage pure utilizzati per “migliorare” le loro statistiche sui tempi di ritardo dei pagamenti. Nel suo ultimo rapporto sul tema, l’Osservatorio dei conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano, ha ricordato come diverse amministrazioni paghino prioritariamente le fatture di importo più elevato (quelle delle grandi imprese), rimandando quelle di valore inferiore. «Questo meccanismo», si legge nel rapporto, «permette alle amministrazioni di spostare la media ponderata dei ritardi di pagamento grazie al peso maggiore delle fatture più voluminose. Inoltre», si legge ancora, «questo potrebbe mettere in difficoltà imprese medio-piccole che dipendono dalle commesse pubbliche il cui mancato pagamento tempestivo può creare delle difficoltà di cassa e, eventualmente, una momentanea insolvenza». Anche questo non sarà più possibile.

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