Gian Marco Moratti, addio al petroliere gentiluomo

Martedì 27 Febbraio 2018 di Osvaldo De Paolini
Gian Marco Moratti, addio al petroliere gentiluomo
Nato a Genova, laureato a Catania, era soprattutto un milanese. Ed era assai fiero di esserlo, Gian Marco Moratti. Al punto da diventare il maggior sostenitore della moglie Letizia quando lei decise di correre per la poltrona di sindaco. Era sorprendente, per chi lo aveva frequentato in ambiti diversi, vederlo spendersi in tv con tanto ardore, lui che dal padre Angelo, il capostipite della dinastia, non aveva di sicuro ereditato l'esuberanza. «Letizia è la persona giusta per Milano - mi disse in piena campagna elettorale - va sostenuta perché è in grado di fare grandi cose». Expo 2015, la prova solida della resurrezione di Milano, che a sipario chiuso ha trovato tanti padri, ha però una sola madre: l'ex sindaco Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti. Con un grande sponsor: Moratti stesso.

Gentiluomo d'altri tempi, riservato ed elegante, poco propenso alla parola anche in privato - non per snobismo, probabilmente anche per una certa dose di timidezza - oltre al grande amore per la moglie, con la quale non di rado lo si incontrava mano nella mano nella centralissima seppur discreta via San Pietro all'Orto (dove i Moratti abitano da sempre), coltivava una passione e un impegno: i vini prodotti nella sua tenuta nell'Oltrepò Pavese, affinati dalla creatività dell'enologo Riccardo Cottarelli; e San Patrignano, la comunità che con Vincenzo Muccioli ha solidamente contribuito a trasformare in luogo di recupero esemplare, partecipando personalmente alle varie attività organizzate insieme ai ragazzi ospiti.

LE GRANDI FAMIGLIE
Era uno dei rappresentanti della grande industria italiana. L'esponente, insieme alla famiglia, dell'influente e politicamente trasversale borghesia industriale milanese. Quella stessa Milano che negli ultimi anni ha cambiato padroni, quasi tutti. Estinti o eclissati i Falck, i Feltrinelli, i Crespi, i Pirelli; espatriati i Bonomi; detronizzati i Rizzoli, i Mondadori, i Rusconi; alla fine, delle grandi famiglie industriali sono rimasti solo loro, i Moratti. È vero, c'è Silvio Berlusconi, però il Cav non è mai stato davvero un monarca, a Milano. L'ha ribaltata, l'ha soggiogata ne ha fatto un proprio dominio, ha rappresentato qualcosa più e di meno di un re, tuttavia non a caso ha eretto la sua fortezza ad Arcore, nella profonda Brianza.

Sia chiaro, grazie al figlio Angelo Jr (figlio della prima moglie Lina Sotis) e al fratello Massimo - con il quale Gian Marco ha condiviso i destini dell'Inter - la vena imprenditoriale della famiglia Moratti non si esaurisce. Ma la morte del «prescelto» (così lo appellò il padre Angelo quando gli indicò la sedia da amministratore delegato a lui riservata) lascia un vuoto non facilmente colmabile alla guida della Saras, la grande raffineria sarda attorno alla quale hanno ruotato e ruotano le fortune della famiglia. Del resto, il fatto che al chilometrico pontile di Sarroch dove ha sede l'impianto - Sarroch è l'ex Villaggio Angelo Moratti, appositamente edificato a fianco della raffineria - attracchino quotidianamente le petroliere di Shell, Repsol, Total, Q8, Tamoil e naturalmente Eni, la dice lunga sul ruolo centrale nell'economia del petrolio europeo della società dei Moratti e quindi di chi l'ha guidata per quasi cinquant'anni.

Per il padre Angelo, Gian Marco nutriva un'ammirazione sconfinata. In una vecchia intervista al Sole 24 Ore lo descriveva come «un concentrato di buon senso che mi ha insegnato tutto». E nel ricordare che non gli fece mai sconti, di recente aveva dichiarato al Corrie della sera: «Ho seguito i suoi consigli e ho cercato di parlare il meno possibile. E ho vissuto bene». Non è dunque un caso se dal Castello di Cicognola, attorno al quale si estende la tenuta nell'Oltrepò, è uscito il pregiato Nebbiolo annata 2012 «Per Papà».

Con il fratello Massimo, a lungo alla guida dell'Inter che anch'egli aveva frequentato (senza però mai entrare nella governance del club), probabilmente l'unico screzio serio nacque quando, oberata da un impegno finanziario non più sostenibile a costo di intaccare seriamente il patrimonio familiare, la società calcistica fu messa in vendita: Massimo fece di tutto per tentare di conservarne il controllo, ma di fronte alla voragine (attorno a 1,5 miliardi) creata in quasi vent'anni di gestione, prevalse l'opinione di Gian Marco: l'Inter uscì così dal perimetro degli affari di famiglia, che da allora sono tornati in equilibrio.

Una figura tanto rappresentativa non poteva mancare nei principali board, sicché di volta in volta troviamo Gian Marco alla guida dell'Unione Petrolifera, nel cda del Corriere della sera, in quello della Bnl, ovviamente in quello dell'Inter, quindi vicepresidente di Confindustria oltre che membro di numerosi comitati ministeriali. Ma a chi lo interrogava sul suo consiglio di amministrazione preferito, così rispondeva allargando quel suo particolare sorriso: «Sampa, ovvio no?».

L'AMORE PER I GIOVANI
San Patrignano non è certo una reggia, è piuttosto una grande fattoria sulle colline romagnole che negli anni si è trasformata in un vasto comprensorio agricolo-allevatutto, dove si intrecciano le storie di riscatto di migliaia di ragazzi strappati all'autodistruzione. Gian Marco non ha mai spiegato davvero con quali argomenti Muccioli lo convinse, all'inizio degli anni Ottanta, ad abbracciare il progetto sino a diventare quella meravigliosa ossessione che non lo abbandonerà più.

Fatto sta che Letizia e Gian Marco sono diventati i sostenitori principali, dedicando all'iniziativa numerosi week end passati, insieme alle migliaia di giovani ospiti, a programmare le attività della fattoria. Era diventata la loro casa-vacanze, altro che Saint Moritz: bisognava vederli quei due, talvolta con i figli, seduti alle lunghe tavolate della grande mensa centrale in mezzo a quella folla multicolore. E quando nel 2013 Andrea Muccioli, il figlio del fondatore che aveva ereditato la guida del centro alla morte del padre, venne esautorato per questioni economico-finanziarie mai davvero chiarite, Gian Marco non esitò a mettere mano al portafoglio per sistemare la questione. Ma non una parola uscì dalla sua bocca. Solo una breve nota: «Il sostegno che da 32 anni tutta la famiglia Moratti offre alla comunità di San Patrignano continuerà in futuro senza interruzione alcuna». E proprio lì, nel cimitero di San Patrignano, del «suo» Sampa, riposerà per sempre per sua esplicita volontà.
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