Federico Colli, pianista "filosofo": «Con l'arte risveglio la bellezza»

Giovedì 23 Agosto 2018 di Simona Antonucci
Federico Colli, pianista "filosofo": «Con l'arte risveglio la bellezza»
È uno dei pochi pianisti al mondo a essere in grado di interpretare il Rach 3 (Terzo Concerto per pianoforte e orchestra di Rachmaninov), 45 minuti filati di prova tecnica e tenuta fisica, intorno ai quali il regista Scott Hicks, insieme con un indimenticabile Geoffrey Rush da premio Oscar, ha costruito il suo film Shine.

Federico Colli, trentenne, boccoli neri, foulard e braccialetti, lo ha appena eseguito al Teatro degli Arcimboldi di Milano, con Valery Gergiev sul podio, alla guida della superba orchestra del Mariinsky. Un successo. Ma per il pianista bresciano che il 23 agosto sarà sotto le stelle di Ravello per il Concerto di Mezzanotte, non è l’obiettivo della vita. «È l’opera difficile per antonomasia», racconta, «certo, è un traguardo. La preparazione è complessa, impegnativa. Oltre allo spartito bisogna saper dominare le energie. Ma la mia vera sfida è riuscire a scavare un cunicolo nell’animo di chi ascolta. E attraverso l’arte risvegliare la capacità di accogliere la bellezza».

IL FILOSOFO

Se non avesse fatto il pianista, ammette, avrebbe fatto il filosofo: «La bellezza è lo splendore della verità: ce lo ha insegnato San Tommaso. E il virtuosismo si cela dove ci sono poche note che ti costringono a metterti a nudo. Come succede in uno spartito di Scarlatti». Ed è proprio Scarlatti, compositore di riferimento, di cui ha appena pubblicato una raccolta per Chandos, il cuore dell’esibizione a Villa Rufolo: suonerà otto sue sonate per pianoforte. «L’incontro con Scarlatti è stato centrale nella mia vita», spiega il maestro, «un amico. E sono grato alla sua musica così vicina alla mia anima e al mio sentire. Con la sua forma scarna e pochi segni sul pentagramma mi ha donato abissi di malinconia e sprazzi di entusiasmo. Nella mia interpretazione, nell’album e nel recital, cerco di restituire una visione della sua anima tormentata che spera comunque in un futuro benedetto».

In programma anche Chopin (Notturno in do diesis minore op. postuma; Mazurka, Op.63, No. 3; Valzer, Op.64, No. 2) e Beethoven (Sonata per pianoforte n. 23 in Fa minore, Op. 57, “Appassionata”). «Una scelta romantica, ispirata al sogno, alla contemplazione, al mondo onirico, appunto, alla notte», spiega. Pochi vezzi, oltre al foulard che sceglie abbinando i colori allo spartito, dei suoi colleghi più “spettacolari” dice: «Non giudico né i vestiti eccentrici né i tempi di esecuzione a volte un po’ inquietanti: fondamentale è che una scelta si rapporti a qualcosa di profondo e non sia fine a se stessa».

E su cosa si basava la sua scelta di partecipare a un talent televisivo? «Avevo diciannove anni», racconta, «l’intento era nobile. Avevo voglia di combattere l’idea dominante che il repertorio classico appartenesse solo a un pubblico anziano e canuto. Che si trattasse di una musica museale e non viva. Nessuna lezione in cattedra. Solo trasmettere la mia passione, lo slancio vitale che a cinque anni mi ha allontanato dal campetto di pallone e mi ha avvicinato alla tastiera. Probabilmente ero in piena incoscienza e presi una gran botta di disillusione. Ma andare in tv è stato comunque fondamentale, perché ho capito bene quali sono le illusioni e qual è la realtà. Lo rifarei, stavolta per ricordare anche che l’arte non è solo la superficialità del’emozione e che la gloria di un post di Facebook dura il tempo di un like».
Ultimo aggiornamento: 28 Agosto, 16:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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